Ciascuno di noi, in maniera più o meno consapevole, ha bisogno di far riferimento ad un sistema di valori e anche le organizzazioni, come insieme di persone, hanno bisogno di far riferimento ad un loro sistema di valori.

Già un nostro precedente articolo avevamo esaminato come ciò che le persone cercano nel lavoro sia cambiato nel corso del tempo, come il sistema valoriale della generazione Y sia diverso da quello dei Baby Boomers, e come quindi anche le aziende, di conseguenza, abbiano cambiato il loro sistema valoriale.

L’ultimo anno e mezzo è stato caratterizzato da un enorme cambiamento nelle nostre abitudini di vita e di lavoro e questo ha modificato anche il nostro sistema valoriale e quindi anche le nostre aspettative sui valori che vorremmo fossero condivisi, e attuati, nell’azienda in cui lavoriamo.

Il tema è estremamente attuale, tant’è che in rete già si trovano articoli sull’argomento. Da un recente studio pubblicato dal network di consulenza di comunicazione strategica /amo, emerge che se prima della pandemia al primo posto tra le macro categorie di valori aziendali si collocava “Etica e integrità”, a prevalere è ora il senso di comunità, riscoprendo nel benessere degli altri sul posto di lavoro anche il nostro di benessere.

Nel complesso, riferisce lo studio, le aziende stanno mettendo più enfasi sulla loro responsabilità verso i membri della società, mostrando una crescente determinazione oggi, rispetto a prima della pandemia, nell’avere cura e attenzione verso le persone in generale (oltre che verso specifici gruppi di stakeholder come dipendenti, clienti o azionisti). Quasi la metà di tutte le aziende recensite (47,4%), infatti, cita almeno un valore associato alla preoccupazione verso le persone e la comunità, un aumento dell’11% rispetto al precedente anno.

I valori personali e professionali sono cambiati

Integrità, innovazione, rispetto, responsabilità e sostenibilità, sono questi i primi cinque valori aziendali emersi dallo studio a livello globale. Per quel che riguarda l’Italia i valori aziendali più importati nel post pandemia sono, dal primo al quinto:

  • sviluppo sostenibile
  • innovazione
  • cura delle persone
  • trasparenza
  • diversità e inclusione

Come sempre il mio lavoro mi ha consentito di entrare in contatto e di confrontarmi con tantissime persone e aziende, permettendomi di avere una finestra, non certo globale, ma senz’altro reale e partecipata di come sono stati vissuti momenti che nessuno di noi credeva di vivere, che ci hanno portato ad utilizzare una terminologia usata solo in tempo di guerra come ad esempio lock down o coprifuoco. Abituata a stare in una mia zona di comfort, mi zono trovata anche io, come tanti, a muovermi in un mondo che stava cambiando, con certezze che si stavano sgretolando, pensando, all’inizio, che la cosa a breve sarebbe rientrata (ci ricordiamo i famosi 15 gg in cui tutti speravamo? Resistiamo altri 15 giorni e poi tutto tornerà come prima), per poi rendermi conto che di sicuro non cambierà a breve e chissà se mai sarà come prima.

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Il nostro modo di lavorare si è trasformato e abbiamo scoperto, anche con piacere, che cose impossibili, come il tanto richiesto smart working, che parevano impossibili da realizzare si potevano fare. Penso che lo smart working sia veramente esemplificativo del cambiamento valoriale che sta avvenendo. La generazione Y, i famosi Millennial, vedevano la flessibilità lavorativa come importantissima per consentire la conciliazione fra vita privata e lavorativa, che non è rappresentata solo dalla possibilità per una mamma di gestire un figlio piccolo ma anche di un giovane coltivare i propri interessi e passioni.

Dopo un periodo iniziale di contentezza rispetto al fatto che finalmente lo smart working era stato sdoganato, ho iniziato a vedere nei colloqui sempre più persone stanche di lavorare in smart working, di alzarsi la mattina d’inverno e mettersi pile e pantofole e d’estate maglietta e infradito.

Ho parlato con persone che da marzo 2020 non sono ancora rientrate in ufficio e con responsabili che non sono ancora riusciti a fare una riunione con tutto il team in presenza. Ho sentito tante persone dire “voglio tornare a lavorare, a fare la pausa caffè col mio collega”, insomma di avere relazioni lavorative non solo a distanza.

Come sappiamo ogni crisi rappresenta l’opportunità di cambiare, di cambiare il nostro modo di vedere le cose, di reagire, di capire cosa è importante e cosa no. Le crisi possono essere delle rivelazioni perché ci obbligano ad uscire dal nostro tran tran, ci obbligano (o ci invitano?) a studiare e approfondire quello che sta succedendo intorno a noi, a rimettere in fila le nostre priorità, ci permettono, a volte, di capire i nostri limiti e scoprire nostri nuovi talenti.

La cura delle persone: un valore per garantire benessere in azienda

Vedere che tra i primi 5 valori in Italia ci sono cura delle persone, trasparenza, diversità e inclusione mi rende felice. Credo che il nostro tessuto imprenditoriale fatto di piccole e medie imprese sia quello più adatto per portare avanti questo sistema valoriale in un momento storico in cui sempre più forti si fanno le istanze divisive.

Approfondisci il tema leggendo anche la riflessione di Stefania Suzzi “Il paradosso del barista”

Credo che i nostri imprenditori, e noi di SCR ci mettiamo a pieno titolo fra questi, siano in grado, e abbiano il dovere, di interpretare in un modo pieno, completo, il termine cura della persona, che non è solo garantire la massima sicurezza sul luogo di lavoro ma impegnarsi per garantire a tutti i lavoratori il più alto livello possibile di salute, salute definita dall’OMS come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Obiettivo che in questo momento può essere raggiunto solo favorendo una corretta informazione, ascoltando le diverse opinioni, favorendo la creazione di ponti anziché di muri, accogliendo le nuove diversità consapevoli che la diversità ha sempre favorito lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze.

Sono convinta che oggi è quanto mai indispensabile abbassare i toni del conflitto e favorire il confronto e l’inclusione. Favorire l’ascolto, ascolto delle opinioni dell’altro e ascolto, perché di questo spesso di tratta, delle paure dell’altro, qualsiasi esse siano, indipendentemente dal fatto che per noi siano futili o che siamo anche noi terrorizzati…ma da altre paure. Credo che dobbiamo allenarci ad un ascolto gentile e intendo con gentilezza la capacità di far star bene gli altri, un modo per contribuire al benessere emotivo di chi ci circonda, un sorriso espresso a parole, il saper comprendere e rispettare le esigenze altrui.

Se saremo capaci di rimanere lucidi e centrati, se saremo capaci di diventare ambasciatori dell’ascolto gentile allora riusciremo davvero a trasformare questa crisi in opportunità dando concretezza a un valore fondante dell’essere comunità: la libertà.

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