La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi
avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà
se non nella forma che riesco a darmi. E come? Ma costruendomi, appunto.
[Luigi Pirandello]

 

La vita lavorativa di un Recruiter è composta dall’intreccio di un’infinità di vite, che passano sotto i suoi occhi sotto forma di nomi, curriculum, profili LinkedIn, fonti di informazioni che sono un primo accesso alla vita di una persona, con i suoi salti, i suoi cambi, i suoi alti e bassi.
Tante esistenze in 2D, limitate sicuramente dal focus sugli aspetti professionali, ma con tantissimi dettagli che non sfuggono ad un occhio attento. Ha così inizio un’indagine minuziosa, per cercare di carpire il più possibile dalle poche informazioni di cui si è in possesso.

Quando ero piccola, uno dei miei cartoni animati preferiti era Detective Conan, la storia di un giovanissimo detective che, con straordinaria capacità di osservazione delle situazioni e delle persone, riusciva a raccogliere tutti gli indizi fino ad individuare il colpevole e, spesso, anche le motivazioni che l’avevano spinto a commettere il crimine.

A volte mi sento un po’ come una Detective delle risorse umane. La conoscenza della persona avviene attraverso la raccolta di tanti piccoli indizi; il curriculum diventa una fonte di informazioni, ma anche di tante domande: perché l’esperienza in azienda è finita dopo tanti anni? Perché vorrà trasferirsi proprio in questa zona? Cosa lo spinge a cercare un nuovo lavoro? Cosa, nella nostra opportunità, combacia con il percorso che vuole fare nella sua vita?

La risposta nel curriculum non c’è. L’idea che in questo momento ho della persona è un’immagine bucherellata come un groviera, definita in certi punti, ma completamente vuota in altri.
Ed ecco allora che il buon Detective si arma di lente di ingrandimento e, telefono alla mano, contatta il candidato per sentire dalla sua viva voce la risposta alle tante domande che affollano la sua mente.
L’immagine piatta del candidato prende ora forma e dimensione grazie al tono di voce, all’accento e alla cadenza, al modo di parlare e spiegare, diventando la bozza di un progetto in 3D, ancora incompleta, grigia e priva di dettagli, certo, ma sicuramente più concreta. È una costruzione di immagine che non avviene solo grazie alle risposte della persona:

segreto sta nell’ascoltare ciò che il candidato non dice, arrivare a sfiorare diversi ambiti della sua vita, bilanciando con sensibilità la curiosità di conoscere e la privacy della persona.

Durante la telefonata, domanda dopo domanda, cerco di costruirmi una prima impressione di come il mio interlocutore potrebbe essere; il mio animo detective raccoglie gli indizi, analizza le impronte digitali e i documenti dell’archivio, arriva fino a controllare se c’è polvere sotto il tappeto.
Quello che ottengo alla fine è un cartonato della candidato, un’immagine certo più chiara e definita, ma ancora priva di tantissimi elementi intangibili.
Il candidato sarà come nella foto sul curriculum oppure avrà cambiato taglio di capelli? Sarà alto o basso? Indosserà i tacchi o preferirà le scarpe sportive? Sarà sorridente quando stringe la mano o si dimostrerà più timido? Si presenterà in maniera rilassata oppure si sfregherà le mani in segno di agitazione per la prova da sostenere? Sarà aperto e gesticolerà mentre parla, oppure sarà più riservato e composto?

Tutte queste domande avranno una sola risposta: il momento del colloquio.
Poi finalmente quel momento arriva e:

“Ho un appuntamento per un colloquio”

“Sì, certo, salga al quarto piano”.

Nel momento in cui la persona entra dalla porta, tutte le impressioni si concretizzano improvvisamente in qualcosa che non è più né un curriculum, né una voce al telefono, è la somma di tutto questo ed è molto di più e tutti gli indizi raccolti minuziosamente si amalgamano e si arricchiscono di colori, odori, espressioni. Qualcosa che fino ad allora sembrava ancora lontano, che sono arrivata a sfiorare ma non a toccare direttamente diventa concreto e tangibile.

Durante il colloquio tutte le mie domande troveranno risposta, si vedrà se la “scena del crimine” è stata ricostruita correttamente oppure se il detective ha tralasciato qualche indizio, se ha frainteso una delle prove o se non avrebbe avuto elementi sufficienti per fare una ricostruzione attendibile.

La selezione per me è anche questo: una lenta costruzione di identità in cui un giovane Detective delle risorse umane deve allenare quotidianamente le sue capacità di ascolto e osservazione per raccogliere progressivamente tutti gli indizi e capire, a tutto tondo, la persona che si trova di fronte.

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