Si può essere introversi e lavorare nelle risorse umane?

Questa la domanda che mi è balenata in mente ieri mattina poco prima di uscire di casa, per andare a fare il mio lavoro: la Recruiter, ossia un lavoro che si basa sull’interazione sociale costante con clienti, candidati e colleghi e dove è fondamentale parlare, capire e ascoltare gli altri. In parole povere, la mia professione è letteralmente fondata sul parlare-con-altre-persone. Un incubo per chiunque che, come me, odia anche solo chiamare per ordinare la pizza.

A qualcuno potrebbe sembrare una domanda stupida, quasi priva di senso, del resto si potrebbe pensare che le capacità di un Recruiter non debbano essere legate alla sua propensione per l’estroversione ma alle sue competenze e alla sua formazione. Quindi non aspetterò la fine dell’articolo per dirvi che la risposta è sì, si può benissimo essere un Recruiter ed essere introversi. Anche perché se così non fosse la persona che sta scrivendo questo articolo non dovrebbe esistere.
Ma veniamo alla vera domanda di questo articolo: che cosa significa essere introverso e lavorare come Recruiter?

Innanzitutto per rispondere a questa domanda bisogna cercare di capire cosa significhi essere introverso. Non mi dilungherò molto sulle diverse definizioni che si possono trovare, più o meno stereotipate di questo concetto, ma mi baserò esclusivamente sull’esperienza di una persona che da sempre si è sentita affibbiare questo aggettivo, ossia me. Per me rientra sotto la macro etichetta di essere introversa il fatto di non essere la persona più incline a raccontare ai colleghi le cose fatte nei giorni prima. Significa che in generale, salvo richiesta specifica, non sono solita raccontare i miei piani per le ferie o per il week end davanti alla macchinetta del caffè e tendenzialmente non sento il bisogno di condividere la mia vita personale con tutti i miei amici e conoscenti, figuriamoci con i colleghi o magari con i clienti. Un’altra conseguenza di ciò è che non amo stare sotto i riflettori, se non quando strettamente necessario, ed è possibile che non sia la persona che si espone più spesso durante le riunioni. E così come mi piace la sensazione di tornare a casa dopo una serata in mezzo agli amici, allo stesso modo posso aver bisogno di un po’ di tempo da sola per ricaricarmi dopo una giornata intera passata in mezzo alle persone. Queste sono una parte delle caratteristiche che ritengo accomunino gli introversi.

Detto ciò arrivo al nocciolo del discorso. Per mia personale esperienza ho sempre fatto caso al fatto che l’estroversione sia spesso considerata una caratteristica top in qualsiasi ambito. Io stessa come Recruiter se capisco che il candidato davanti a me è estroverso e socievole sono più propensa a valutarlo positivamente. Ed avendo sempre vissuto dal lato dell’impacciata secchiona che vorrebbe essere come i “fichi” della classe, io stessa ho passato molto tempo a pensare che essere introversi fosse un po’ come avere un malfunzionamento. Addirittura, a prova di questo, un recente studio condotto all’Università della California a Riverside e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Experimental Psychology: general, ha dimostrato che il segreto della felicità per le persone introverse sta nello sforzarsi di essere estroversi. Come se ci fosse bisogno di trovare una cura ad una caratteristica di personalità. Beh mi sento di rispondere all’Università della California che non mi serve fingere di estroversa per essere felice, anzi.

Dopo alcuni anni di lavoro come Recruiter, fatti di costante interfaccia con clienti e candidati, il mio personale pensiero a riguardo è cambiato molto.

Sento di poter dire con orgoglio di essere introversa e che ciò non mi rende meno competente o meno portata per il mio lavoro. O addirittura meno felice.

Mi sono resa conto, infatti, che il mio essere introversa può rivelarsi un’importante risorsa nel mio lavoro. Mi rende più propensa ad ascoltare attentamente gli altri. Il fatto di non pensare necessariamente subito ad espormi mi permette di riflettere sulle informazioni che ho, di analizzare meglio il contesto e di soffermarmi anche nel notare molti dettagli. Cosa che può essere molto utile in fase di analisi con il cliente, ma anche durante un colloquio con un candidato. Tendenzialmente le persone introverse possono lavorare bene sia da sole che in gruppo e, contrariamente a quanto si possa pensare, possono essere degli ottimi leader. Questo soprattutto perché tendenzialmente lasciano che i propri collaboratori espongano le loro opinioni e perché ascoltano attentamente le loro difficoltà. Essere più portati all’introversione significa anche dedicare maggiore attenzione a ciò che è “dentro” piuttosto che a ciò che è fuori. Ciò può significare, in diversi casi, che queste persone abbiamo una maggiore sensibilità e affinità con i sentimenti propri e degli altri. Ed è chiaro che in un lavoro il cui obiettivo è cercare di scoprire cosa si cela sotto la superficie dei candidati, questa affinità può tornare utile.

Per concludere, lo scopo di questo articolo non era certo quello di dire che gli introversi o gli estroversi possono fare meglio certi tipi di lavori piuttosto che altri. Anche perché per fortuna non esistono introversi puri o estroversi pure ma ognuno di noi è fatto a modo suo, ed avrà il suo stile nello svolgere qualsiasi lavoro. Tutt’altro, lo scopo di questo articolo è proprio cercare di sfatare il mito che occorra essere fatti esattamente in un certo modo per fare uno specifico lavoro, proprio perché anche un introverso può fare un lavoro basato sulla relazione con le persone ed essere competente ed efficiente.
Quindi a tutti gli introversi che pensano di dover fingere di non esserlo per essere giudicati più positivamente, dico: non sentitevi in imbarazzo se siete i primi a lasciare una festa, non sentitevi in colpa se dopo un pomeriggio con amici vi sentite bene a tornare a casa da soli, non vergognatevi davanti all’ennesima persona che vi dice “ma non parli mai!”. Siamo semplicemente fatti così e non c’è niente di male. E per gli amici estroversi  che potrebbero fare fatica a decifrarci a volte, potete stare tranquilli, essere introversi non significa essere asociali o di cattivo umore, non significa odiare le persone (anzi) e non significa nemmeno essere snob o menefreghisti. Significa solo che probabilmente ci piace ascoltare più che parlare.

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2 Commenti

  1. Grazie per questa testimonianza. Lavoro da vent’anni nell’HR – principalmente occupandomi di Selezione – e mi sento di condividere completamente il pensiero di Elisa. Mi permetto di segnalare in proposito una lettura molto interessante : Quiet di Susan Cain

    • Ciao Elisabetta, grazie per il tuo commento e per il consiglio. Quiet di Susan Cain sembra molto interessante, potrebbe essere una bella aggiunta alla biblioteca interna ad SCR.

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