Ebbene sì, anche noi Recruiter ci siamo ritrovati catapultati in un mondo parallelo, una dimensione che ancora non avevamo avuto modo di sperimentare, con una modalità di lavoro per così dire smart, intelligente, perché aumenta la sostenibilità aziendale e personale. Peccato che questa non sia stata una scelta, ma un’imposizione dall’Alto, e con “Alto” non intendo i tuoi capi, il governo, lo Stato o chissà quale altro Ente politico; mi riferisco a un fenomeno virale che si è abbattuto sulla popolazione terrestre e ha deciso di costringerci all’isolamento forzato. Che detta così sembra quasi un attacco alieno.
Con il Decreto del Presidente del Consiglio anche noi ci siamo ritrovati a lavorare da casa. In realtà ammetto che ho così tanto da lavorare, tra gestione quotidiana delle attività solite di recruiting e consulenza, a cui si aggiunge la lista di cose da fare per essere pronti ad ingranare la marcia quando torneremo a pieno regime, che ho paura di dover fare anche degli straordinari. “Paradossale!” direte, ma vi posso assicurare che mi ritrovo, come in ufficio, incollata con lo sguardo sullo schermo del pc, a scorrere con la rotellina del mouse le centinaia di CV in pdf da valutare e a battere velocemente le dita sulla tastiera per la stesura di report, job description e annunci di lavoro, cercando di rispettare i tempi che mi sono data.

Esatto, i tempi; perché, per evitare il rischio di cadere nell’inefficienza in homeworking, potenzialmente distratta da tutte le interessanti attività per cui la casa ti tenta tra cui soprattutto aprire il frigorigero, mi sono data dei tempi ben precisi per ciascuna attività.

Si tratta di Timeboxes, una tecnica di Time Management che prevede la predisposizione di un tempo limite entro il quale svolgere una certa attività (come rinchiudere le attività in diverse scatole di tempo limitato) e rispettare il tempo prestabilito servendosi di sveglie o timer.

Tuttavia nel bel mezzo della mia alienazione corporea e spaziotemporale, tra una timebox e l’altra, squilla la sveglia che mi ricorda che è l’ora di chiamare un candidato per la selezione che sto gestendo. Vado per prendere il faldone con i Curriculum della selezione e sento una palla morbida e pelosa: la mia gatta pigrona ha deciso che il suo nuovo letto è il faldone sul tavolo della mia cucina che è ormai ufficialmente la mia postazione lavorativa, per cui ogni qualvolta ho bisogno di un CV devo prima spostarla. L’unico modo per sradicarla alla fine è concederle di stare sulle mie gambe mente continuo a lavorare. Senza parlare poi dei baci inaspettati del tuo compagno (quelli sono piacevoli lo ammetto), che all’improvviso si sente trascurato e per fartela pagare finge di spaventarsi quando ti guarda in faccia e nota che non sei truccata. Come se fosse una novità, è una settimana che lavoro da casa e non mi trucco!

Ci ho preso gusto a restare acqua e sapone, tanto che il giorno della riunione settimanale, che ora avviene tramite videoconference,  ho completamente dimenticato di darmi una sistemata. Tuttavia all’avvio della riunione ho avuto modo di rendermi conto che in fondo nessuno aveva pensato di rendersi particolarmente presentabile, tra chi come me non aveva neanche un filo di trucco con i capelli raccolti senza una regola, chi sfoggiava dei fantastici e inaspettati occhiali da vista con lenti imbarazzanti da miope senza speranza, chi ancora in pigiama e vestaglia. Solo i nostri capi si salvano, anche se mi diverte immaginarli in pantofole, lì al riparo dall’inquadratura della webcam.

Rivedere tutto il team è sempre piacevole, soprattutto in questo momento. D’altronde si tratta di persone con cui si sviluppa un legame che ti fa dire “che bello lavorare qui”, che ti regala risate e complicità, anche semplicemente davanti ad una tazza di caffè e un barattolo di Nutella regalato dal capo perché ci tiene alla tua felicità.

E in questo periodo noi recruiter la pausa caffè la condividiamo lo stesso, come tutte le comunicazioni e le informazioni lavorative su candidature, programmazioni di giornate formative a distanza, consigli su come fare headhunting e ricerca attiva. Alle 11.00 e alle 16:30 qualcuno chiama tutti a raccolta con un sonoro “caffèèè!” scritto sulla chat aziendale.

La cosa che noto più divertente in questi giorni è parlare al telefono con i candidati, approfondendo le offerte di lavoro e le loro esperienze di carriera in modo assolutamente professionale, fin quando ad un tratto da entrambi i lati della cornetta qualcosa ci fa capire che siamo tutti a casa: un bimbo che chiama “Mammaaaa”, un cane che abbaia, una tv accesa con la sigla di “Avanti un altro”, una donna anziana che dice “chi è che ti chiama?”. Siamo tutti in una situazione non proprio convenzionale, ma possiamo comunque vivere e lavorare. Inoltre sto riscoprendo il grande vantaggio di chiamare i miei candidati a qualsiasi ora della giornata lavorativa e trovarli sempre disponibili in quanto siamo quasi tutti in smartworking; nessuna richiesta di posticipo dopo le 18:00, nessun candidato irrintracciabile perché è oberato di lavoro in ufficio o perché è davanti al cliente e non può parlare o perché è in riunione. Questo sì che è entusiasmante quando sei un Recruiter.

In fondo questo momento storico che sta attraversando il nostro Paese penso che in qualche modo stia dando anche qualche vantaggio e sta a noi fare in modo di tramutarlo in qualcosa di positivo, cercando sempre di rispettare al meglio le indicazioni Nazionali così da poter ritornare alla nostra routine, e soprattutto sfuggire dalle grinfie del maledetto frigorifero.

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