Lavoro e senso di identità: quanto questa equazione viene percepita nel pieno della sua valenza? Proprio oggi sono andata a visitare una fabbrica di produzione molto interessante e particolare. Il processo gestito Ti porta a lavorare nel bello e nel pulito. Non sempre si può dire per le produzioni che avvengono lungo una catena di montaggio.
Gli operatori sembravano tutti consapevoli che dalle loro piccole operazioni di dettaglio poteva dipendere il buon andamento del prodotto e quindi dell’Azienda nel suo insieme.
Quanto questa consapevolezza è diffusa? E quante volte noi possiamo dire: siamo il lavoro che svolgiamo.
Non mi fraintendete, siamo molto di più, ovviamente, del “semplice” lavoro (penso a famiglia/ casa/ interessi extra), ma quanto del nostro senso identitario si gioca sul nostro ruolo lavorativo?
Ho assistito, come spettatrice ad una serie di lezioni di recitazione: il docente spiegava all’attrice quanto il suo compito fosse sentire così come il suo ruolo richiedeva, essere completamente quello che faceva. “Sii ciò che fai”.
Ancor oggi rifletto su questo tema: faccio (sono?) una consulente che lavora per il benessere dei dipendenti, insieme le persone e i processi, come in un alchimia magica, formano il clima in un azienda. Dove si vive bene, si lavora bene e si produce meglio. Sillogismo valido e non sempre funzionante. Ogni volta il consulente apre occhi orecchie e cuore (si in ascolto anche dei sentimenti! Ci sono anche quelli) e si tuffa in un mondo che cerca di comprendere, di far proprio, di vivere e capire. Solo questo tipo di sensibilità, unita a un bagaglio di conoscenza pregressa dei temi legati al ben stare insieme e comunicare in modo efficace, Ti porta a costruire e tessere fili e trame di progetti per migliorare ove bisogno, per affiancare professionisti stanchi che non sentono più di essere ciò che fanno.
Immaginate un ingegnere meccanico sulle linee di produzione, è un ingegnere meccanico e opera secondo quello che è: la linea di produzione è il suo strumento che vuole e può far andare come in una sinfonia musicale.
Accorda il suo strumento, lo mette a punto ed opera in sincronia con le altre aree aziendali. Chissà che sentimenti di soddisfazione prova quando la sua linea va ed è bene manutenuta.
Chi costruisce plantari ortopedici in fibra di carbonio sembra operi in una bottega di artigiano: scolpisce i suoi plantari su misura dei piedi e piedini che guarisce.
Quando lo guardi pensi: lui è ciò che fa.
Il Responsabile Amministrazione finanza e controllo voluto ed inserito in una piccola struttura: quando i numeri del bilancio e la pianificazione del controllo di gestione “gira” come da lui impostato prova un senso di orgoglio e soddisfazione.
Siamo ciò che facciamo: i sentimenti che proviamo quando lavoriamo e facciamo del nostro meglio ci rendono persone più felici.
Sembra quasi un assurdo parlare di sentimenti, in un momento dove ci viene richiesto sempre più competitività, sempre più velocità, sempre più risposte. Proprio adesso proviamo a sovvertire il punto di vista ed ascoltiamoci: ascoltiamo quello che proviamo, cosa ci soddisfa di più, cosa ci fa sentire migliori.
Ascoltiamo i nostri sentimenti per essere sempre più noi stessi in quello che facciamo.
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