I social network oggi non si limitano ad essere uno strumento di condivisione di contenuti o opinioni con parenti e amici, ma sono diventati una vera e propria vetrina, in cui esporre se stessi, il proprio modo di essere e la propria vita. Non solo: grazie al numero sempre crescente di utenti, si sono configurati come un’importante risorsa per Recruiter e Head-Hunter, che li utilizzano come un ulteriore fonte di informazioni sui potenziali candidati e quindi come un nuovo strumento di selezione. Come mostrato dalla Social recruiting survey 2013, la ricerca di informazioni non si limita alla scansione dei social network “formali”, ovvero nati con lo scopo di mostrare il profilo di un potenziale candidato alle aziende (LinkedIn), ma si estende anche a portali lontani dall’ambito professionale ed appartenenti alla sfera privata, come Facebook (58%) e Twitter (42%). Questi portali permettono di raccogliere informazioni personali e poco controllate sulla vita dei candidati, dando la possibilità di integrare aspetti caratteriali e di personalità con le informazioni riguardanti le esperienze e le competenze professionali.
Rischi nella valutazione dei profili social personali
Questa pratica non è esente da alcuni rischi che, se non controllati, possono influire negativamente sul percorso selettivo per Head-Hunter e candidati. Il selezionatore infatti potrebbe farsi un’idea del candidato più sbilanciata verso gli aspetti personali rispetto alle competenze professionali, escludendo persone potenzialmente valide a causa di informazioni che non necessariamente influiscono sulla prestazione lavorativa. Inoltre la visualizzazione dei profili personali dei candidati potrebbe portare il selezionatore a formarsi un’impressione a priori, influenzando le successive interazioni nella ricerca di conferma delle proprie idee. Sarebbe quindi buona norma per gli Head-Hunter procedere ad un’analisi dei profili social informali solamente in seguito all’incontro con i candidati, in modo da utilizzare Facebook e Twitter solo come strumenti di verifica della prima impressione.
Oltre a ciò, talvolta questa pratica non viene valutata positivamente dai potenziali candidati. La natura privata di questi social network spinge molti utenti a considerare nettamente separata l’immagine che danno di sé nel loro profilo e sul lavoro; per questo motivo, non accettano che informazioni inerenti alla sfera privata vengano utilizzate nella presa di decisioni riguardanti l’ambito professionale, percependo tale pratica come intrusiva. Inoltre, il timore di essere discriminati a causa di sesso, genere, età, orientamento sessuale potrebbero far percepire l’analisi dei profili social come una pratica non etica e poco equa.
Ma il rischio di discriminazioni è davvero così alto?
Da alcune interviste è emerso come i selezionatori non prestino attenzione ad elementi potenzialmente discriminatori come il sesso, la nazionalità o l’orientamento sessuale del candidato. Inoltre, non bisogna pensare che una diversità di opinioni rispetto al selezionatore in merito a questioni non legate all’ambito professionale possa essere un criterio di esclusione: la Social Recruiting Survey ha infatti mostrato come le opinioni politiche o religiose siano considerate informazioni neutre e quindi non rilevanti ai fini di valutazione di un candidato.
L’importanza di curare la propria digital reputation
Se quelli appena elencati sono elementi non considerati dalle aziende, ciò che è invece oggetto di attenta valutazione da parte dei selezionatori è l’immagine della persona sul web, non intesa come la semplice foto del profilo ma nell’accezione più ampia di digital reputation. Tutti hanno infatti una reputazione che, nell’utilizzo sempre più massivo dei social network, passa anche da Internet; le persone costruiscono un’identità digitale, riferita a come si mostrano sul web e all’idea che gli altri utenti si costruiscono accedendo a contenuti quali foto, commenti e video.
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Nel momento in cui si viene assunti, si diventa automaticamente portatori di una certa immagine aziendale non solo durante l’orario di lavoro ma anche anche fuori dal contesto professionale; tendenzialmente la persona viene associata all’organizzazione di cui fa parte andando ad influenzare, anche solo con l’idea che gli altri hanno di lei, la percezione dell’azienda nel suo insieme.
Facebook e Twitter, in sede di selezione, permettono di verificare la conformità agli standard aziendali dell’identità digitale della persona nel suo complesso e non solo dal punto di vista professionale (come invece permetterebbe LinkedIn).
È quindi importante avere una digital reputation coerente con l’immagine che l’organizzazione vuole veicolare all’esterno e, soprattutto, non mettere in atto comportamenti che danneggerebbero indirettamente l’immagine aziendale. Per questo motivo, contenuti che influiscono negativamente sulla propria immagine personale sono:
- Riferimenti a devianze, come il consumo di alcol o droghe;
- Riferimenti alla violenza, come parolacce o armi;
- Contenuti a sfondo sessuale;
- Errori di ortografia o grammatica.
Elementi con una connotazione chiaramente positiva per la società nel complesso o che richiamano l’aiuto agli altri, come post che parlano di donazioni in beneficienza o volontariato, rappresentano un valore aggiunto, anche se risultano meno discriminanti rispetto alla loro controparte negativa.
Proprio per il forte impatto che hanno gli elementi negativi sulla decisione finale dei selezionatori, è opportuno imparare a curare la propria digital reputation, soprattutto nel caso si stia cercando attivamente un nuovo lavoro, procedendo anche ad operazioni di censura, quando necessario. Se, da un lato, è ben vista la presenza attiva sui social, ragion per cui non è consigliabile eliminare i propri profili, è altresì necessario curare e limitare i contenuti visibili al pubblico. I social network offrono strumenti utili allo scopo, permettendo di nascondere ad utenti esterni alla propria cerchia di “follower” o “amici” contenuti non adeguati. In questo modo è possibile manipolare, almeno in parte, la percezione che si dà di sè, in modo da offrire all’azienda l’immagine migliore di se stessi.
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Facebook e Twitter rappresentano quindi strumenti complessi ma molto utili anche nel processo selettivo, in quanto l’idoneità a ricoprire un ruolo non passa solamente dalle competenze e conoscenze professionali, ma comprende anche l’adeguatezza tra la reputazione del candidato e quella dell’azienda. Un’organizzazione infatti è prima di tutto costituita da persone ed è importante che, con il loro aspetto e le loro azioni, sia nella vita offline sia sui social, veicolino valori affini e un’immagine adeguata agli standard aziendali.
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