In ogni test, in ogni libro di management che sia universitario o meno, una parola viene ricalcata più e più volte: leader. Fin da bambini, nei giochi di gruppo, a scuola, alle feste, cresciamo con la frase “vedi che carattere forte, è un leader nato!”. Nel corso degli anni, così, cresciamo nel segno della leadership, sia essa consapevole o inconsapevole, sia che quella figura di leader venga ricoperta da noi o diversamente; fino ad arrivare nel mondo del lavoro. Qui, dopo essere stati riempiti di conoscenza in merito di leadership (“ci si nasce o si diventa?”, non so quante volte tale domanda viene posta), caratteristiche di un buon leader , potere decisionale, divisione del lavoro, e argomenti annessi, veniamo istruiti su una cosa fondamentale per ogni organizzazione o società, quello schema che delinea ogni rapporto, ruolo e processo decisionale all’interno di questi: l’organigramma aziendale; e così comprendi che, anche in questa nuova occasione, sarà nuovamente necessario seguire il famigerato leader di turno. Ad un certo punto, però, tra un lavoro ordinato, l’indecisione sul poter esprimere la propria idea e la necessità di dover seguire indicazioni dettate da altri, un dubbio lentamente può andare ad insinuarsi “l’organigramma chiarisce i ruoli, ma quanto effettivamente limita il pensiero degli altri?”.
Così, per iniziare a far chiarezza e cercare di risolvere i dubbi amletici, sarebbe utile cominciare a compiere una ricerca in merito a cosa sia effettivamente un organigramma. Girando per internet, la definizione più o meno comune è “l’organigramma divide e chiarisce chi prende le decisioni, chi le esegue, chi controlla che il lavoro sia stato svolto, chi bisogna ascoltare, da chi bisogna farsi ascoltare e con chi collaborare”; successivamente, quindi, viene da chiedersi: se vi è una persona che prende le decisioni e che deve essere ascoltato, cioè il leader, gli altri cosa sono, ma soprattutto, chi li ascolta?
Ed è esattamente questa domanda che quei famosi leader, quelle persone che nell’organigramma vengono poste in alto, dovrebbero chiedersi; in particolare un dubbio dovrebbe sorgere in loro “e se le persone che non sono designate come leader (per diversi motivi) avessero qualcosa di interessante da dire o idee illuminanti ed innovative?”
Lentamente, sembra, che tale domanda sia sempre più comune e presa in considerazione all’interno delle aziende; “gli altri” stanno iniziando ad avere una voce e le loro idee cominciano a vedere uno spiraglio di luce. Conseguentemente, quindi, ci si chiede: tale cambiamento a cosa potrebbe portare? Ad un rinnovamento solo della leadership, o anche dell’organigramma?
Relativamente alla prima, la leadership caratterizzata da austerità, rigidità di pensiero e racchiusa in una sola figura, sta lasciando il posto ad uno stile diverso, contraddistinto da apertura verso le idee altrui, ascolto, conoscenza condivisa, il tutto indipendentemente dai ruoli ricoperti.
A tale scopo, stanno prendendo sempre più piede i progetti di Knowledge Management, che hanno lo scopo di trasformare la cultura e l’organizzazione aziendale, con lo scopo di iniziare a motivare e stimolare i membri delle aziende ad una leale e sincera condivisione delle conoscenze e delle esperienze, con lo scopo di implementare, classificare e trasmettere il sapere e il capitale “collettivo”. Ma se, quindi, con questa nuova condivisione, ogni lavoratore dell’azienda potrà avere potere e quindi la leadership sarà condivisa, sarà necessario abolire il famoso organigramma?
La risposta a questo quesito, non è ancora del tutto chiara, ma ritengo, a mio modesto parere, che non sia assolutamente necessario; basterà riconsiderarlo: riconsiderare il vedere questo strumento organizzativo non più come un’indicazione relativa a chi ha più potere e chi meno, chi ha più voce in capitolo e chi meno, chi è il lupo e chi l’agnello, chi è il braccio e chi la mente, ma vederlo più in un’ottica di comprensione dei punti di riferimento. L’organigramma, quindi, non sarà più uno strumento che trasmetterà autorità, ma un mezzo attraverso il quale sarà più semplice comprendere a chi chiedere aiuto nei momenti di crisi, fare riferimento a chi potrebbe sapere qualcosa in più di noi o a chi è più esperto in una determinata conoscenza; la persona più in alto, di conseguenza, dovrà ricoprire un ruolo di motivatore e “trasmettitore” di informazioni, ma tenendo sempre in considerazione le voci di coloro che lavorano intorno a lui.
Grazie a questa trasformazione, le persone entrando nel mondo del lavoro, non ritroveranno nuovamente quella famosa leadership nella quale sono cresciuti, ma un punto di inizio per imparare ad ascoltare e a fare sentire la propria voce; insomma, le persone in azienda impareranno che il gioco del telefono senza fili, da piccoli, sarà stato più utile del lupo mangia agnello.