Con la Festa della Repubblica che quest’anno è arrivata di venerdì, quella appena trascorsa è stata per molti professionisti una “settimana corta“: e se le settimane lavorative fossero sempre così?

Quello della settimana corta è un tema molto caldo, di cui si sta discutendo molto e che entrerà sempre di più nelle dinamiche del mercato del lavoro. Già adesso iniziano a comparire annunci che per attirare l’attenzione di potenziali candidati scrivono “ti piacerebbe lavorare 4 giorni ed essere pagato per 5?” e in futuro potrebbero aumentare.

Nonostante questo, lavorare meno alle stesse condizioni contrattuali è, almeno per il momento, ancora un’utopia: accorciare la settimana ha inevitabilmente un impatto su un sistema che funziona solo se tutti i pezzi lavorano in armonia, come una macchina ben oliata e recentemente collaudata. Nel contesto italiano, in cui l’approccio al cambiamento a volte può apparire lento, l’idea di stravolgere la routine ormai radicata del lavoro full time 5 giorni su 7 ha dato vita ad un acceso dibattito.Che fare quindi? Ce lo prendiamo questo venerdì off? Vediamo cosa dicono i risultati dei primi esperimenti.

Dai primi esperimenti, emergono i benefici della settimana corta

La nota community Will Media riporta i risultati di un esperimento in Inghilterra, che ha previsto l’implementazione della settimana corta per sei mesi. All’esperimento, condotto dall’Università Cambridge, hanno partecipato 61 aziende che hanno ridotto l’orario di lavoro e lasciato immutato lo stipendio. I partecipanti variano “da rivenditori online a fornitori di servizi finanziari, da studi di animazione fino a un negozio locale di fish and chips, passando per società di consulenza, IT, cura della persona, marketing e assistenza sanitaria”. 

I risultati riportano benefici sia per l’azienda sia per i dipendenti, infatti:

  • i ricavi dell’azienda sono rimasti invariati;
  • >il 39% dei lavoratori ha riportato meno stress;
  • >i giorni di malattia sono diminuiti del 65%;
  • le dimissioni sono diminuite del 57%;
  • il 71% dei lavoratori ha riportato sintomi del burnout in calo

In precedenza, anche Microsoft ha sperimentato questa nuova organizzazione. Nel 2019, la nota azienda informatica ha infatti chiuso gli uffici della sua sede di Tokio nei giorni di venerdì, sabato e domenica per un mese, con risultati che confermano quelli del più recente esperimento britannico: rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, infatti, la produttività è aumentata del 39,9%, la durata delle riunioni aziendali è stata ridotta (massimo 30 minuti) e i costi dell’elettricità sono stati ridotti del 23,1%.

Altri articoli sul tema evidenziano inoltre che l’azienda potrebbe ricavare vantaggi “indiretti” dalla settimana corta: una riorganizzazione del lavoro in questo senso infatti può potenzialmente aumentare l’attrattività dell’azienda per le nuove generazioni, alla ricerca di un miglior equilibrio casa-lavoro oltre che ad una condizione economica migliorativa.

Approfondisci questo tema leggendo “Flessibilità e miglioramento del work-life balance: questi i segreti dei World’s Best Employers”

I primi risultati quindi sembrano incoraggianti. Secondo Pedro Gomes, insegnante di Economia presso la Birbek (Università di Londra), la settimana lavorativa di 4 giorni è una vera e propria un’innovazione sociale, oltre che un modo migliore di organizzare l’attività economica nel 21esimo secolo.Questa novità avrebbe inoltre il potenziale di sprigionare innovazione e imprenditorialità, in quanto nuove idee e prodotti nascerebbero dalla disponibilità delle cosiddette “leisure hours”, le ore di svago. 

La settimana corta in Italia

In Italia sono ancora pochi gli esperimenti di settimana corta, ma una delle prime aziende a muoversi in questa direzione è stata Intesa San Paolo. La decisione ha fatto molta notizia, anche perchè Intesa San Paolo è una delle società private con più dipendenti in Italia, circa 74mila e il cambio di orario impatterà sicuramente sull’organizzazione interna.

In questo caso però le giornate di lavoro sono sì state ridotte a 4, ma sono aumentate le ore di lavoro giornaliere, che arrivano a 9. Questo stratagemma potrebbe sembrare controintuitivo e contrario all’obiettivo della settimana corta, tuttavia potrebbe rappresentare un primo step che mette d’accordo aziende e collaboratori. La riduzione dell’orario infatti rappresenta un aspetto sicuramente poco apprezzato dalle imprese, in un paese dove c’è una scarsa abitudine a misurare i risultati e la produttività è un elemento critico, perciò una formula come quella applicata da Intesa San Paolo potrebbe aiutare ad avvicinare le aziende ad una nuova modalità organizzativa. 

Tuttavia è ancora presto per delineare i confini del fenomeno in Italia, che sicuramente dovrà trovare il giusto mix per favorire il benessere dei lavoratori e allo stesso tempo per sostenere la produttività delle aziende.

Scopri le testimonianze dirette nell’articolo di Senza Filtro: “Settimana corta lavorativa, parla chi l’ha provata: flessibilità non vuol dire equilibrio”

Il lato oscuro della settimana corta

Ma non è tutto oro quel che luccica. Sebbene infatti la settimana corta abbia presentato molti benefici in termini di produttività e work-life balance, potrebbe portare anche a degli svantaggi, soprattutto nel caso in cui a questa nuova modalità organizzativa non seguano evoluzioni in termini di cultura aziendale e strumenti utilizzati.

Lavorare meno giorni potrebbe portare le persone a sentirsi meno coinvolte nei confronti dell’azienda, andando ad indebolire il legame con l’impresa e aumentando le probabilità di allontanamento. Inoltre, lavorare 4 giorni anzichè 5 significa anche avere meno tempo per portare a termine le proprie attività; in molti casi infatti il carico di lavoro rimane lo stesso ma, avendo a disposizione meno giorni lavorativi, ciò potrebbe risultare stressante per i lavoratori.

Nel caso invece in cui si riduca anche l’orario, di pari passo potrebbe calare anche lo stipendio, elemento che viene percepito come negativo dai lavoratori, con solo un 10% che sarebbe disposto ad accettare una decurtazione dello stipendio in cambio di una settimana lavorativa di 4 giorni (come dimostrato dalla ricerca Global Workforce of The Future di The Adecco Group riportata da IlSole24Ore).

Infine, occorre  la settimana corta potrebbe non essere adatta per tutte le aziende o settori, come ad esempio quelle aziende di produzione che necessitano di orari di lavoro continuativi e che potrebbero trovare difficile ristrutturare le loro attività in una settimana lavorativa più breve.

Adattare il cambiamento al contesto

In questa fase, è ancora difficile trarre conclusioni definitive, anche se dalle evidenze sopra citate sembra chiaro che i benefici di un 4-day work week trial possano ragionevolmente ispirare l’imprenditorialità più all’avanguardia a fare un passo in avanti.

Come muoversi quindi?
Innanzitutto abbandonando la presunzione di poter trovare una soluzione univoca, condivisa e uguale per tutte le aziende e settori.

La settimana corta, come ogni cambiamento radicale nell’organizzazione di un’azienda, può essere implementata come misura migliorativa purché si parta da un’analisi approfondita del contesto di riferimento, delle persone, da cultura dell’azienda e di tutte le variabili coinvolte, che permetta la strutturazione di una proposta adeguata.

Internalizzare il cambiamento è difficile, la diversità complessa. Prendiamocene cura.

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