Oggi non verrà, ma verrà domani.
[Cit. Aspettando Godot]

C’è un solo pensiero che culla i sogni dei selezionatori la notte e che li ritrova quando riaprono gli occhi al mattino. Ed è il pensiero di lui.
Lui che è sicuramente la fuori da qualche parte e che aspetta solo noi, lui che potrebbe nascondersi dietro ad ogni nuovo curriculum ancora da scartare o nel nuovo profilo LinkedIn da aprire, lui che potrebbe celarsi in quel contatto telefonico che dobbiamo ancora digitare sulle nostre tastiere.

Alcuni se lo immaginano biondo con gli occhi azzurri a cavallo delle loro lauree in ingegneria e dei loro Master, ad altri appare in sogno avvolto da un’aurea di soft skills ed esperienze in multinazionali, c’è chi addirittura vocifera che sia possibile udirlo parlare in 3 lingue diverse, tra cui anche il tedesco!

Ovviamente sto parlando di lui, del principe azzurro di tutti noi recruiter, salvezza e condanna di ogni selezionatore: il candidato perfetto.

Tante volte nello svolgere la mia attività di recruiter mi è capitato di presentare all’azienda alcuni profili che venivano valutati positivamente per poi sentirmi dire comunque frasi come: “Non è scattata l’intesa”, “Benissimo però vorremmo vederne altri”, “Non è proprio quello perfetto”.

Certo, in determinati casi è giusto saper valorizzare i candidati che corrispondono alla perfezione ai requisiti dell’azienda, a volte, però, procrastinare la scelta nell’attesa del candidato ideale può rivelarsi infruttuosa per l’azienda, e spesso fatale per il percorso selettivo.

Nell’opera teatrale “Aspettando Godot”, i due protagonisti restano bloccati nell’attesa del famoso personaggio che sembra sempre sul punto di arrivare. Ci fa riflettere che il famoso Godot mandasse, ai due personaggi in attesa, un ragazzo a ricordargli ogni giorno che oggi non sarebbe venuto, ma domani sicuramente sì.

Questo dettaglio mi ha fatto pensare a quanti danni possa fare, a volte, una frase così semplice ma in grado di tenere in attesa due persone. Ed è in quel ruolo, quello del messaggero, che trovo rispecchiarsi il ruolo del selezionatore, che rischia tramite l’illusione dell’arrivo del candidato ideale di creare una situazione di stallo all’interno delle aziende.

Infatti, una selezione dopo l’altra,

ho capito sempre di più che nel nostro lavoro per concretizzare un iter selettivo con soddisfazione, a volte (spesso), il candidato non basta aspettarlo.

Il candidato in certi casi bisogna andarlo a cercare, a volte semplicemente il candidato ideale si rivela essere qualcuno che sulla carta non ha tutti i titoli al posto giusto ma ha le soft skills adatte per compensare. A volte invece il candidato ideale non c’è ancora, ma c’è un giovane talento che può diventare quel candidato, se inserito e seguito nel modo giusto in azienda.

Il compito del selezionatore, infatti, non è essere dei semplici messaggeri di quel profilo perfetto che può farci aspettare per mesi o addirittura non arrivare mai. Piuttosto l’obiettivo di chi vuole raggiungere risultati nel campo della ricerca e selezione del personale è quello di diventare dei partner che lavorano insieme  all’azienda cliente e che in determinate circostanze riescano a smuoverla da una situazione di stallo sollevando il velo dell’illusione e rendendola consapevole che il loro agognato candidato ideale non arriverà oggi e nemmeno domani e che invece di continuare ad aspettarlo ci sono tante altre strade che è possibile percorrere proprio sotto i loro occhi.

Estragone: Panorami ridenti. (Si volta verso Vladimiro) Andiamocene.
Vladimiro: Non si può.
Estragone: Perché?
Vladimiro: Stiamo aspettando Godot.
Estragone: Già, è vero. (Pausa) Sei sicuro che sia qui?

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