Nel mondo sono tante le aziende che stanno rimandando il ritorno in azienda, ma tutte stanno riflettendo sulla modalità di affrontare il post-pandemia. Le idee sono diverse, si trovano su questo argomento diversi studi e ricerche, che appoggiano una direzione rispetto ad un’altra.
C’è chi promuove una situazione invariata e quindi un rientro totale in azienda cercando di incoraggiare e convincere i propri dipendenti che lavorare di nuovo nello stesso luogo sia la giusta soluzione anche in termini sociali, dopo quasi due anni di restrizioni e distanziamento. Secondo alcuni studi infatti lunghi periodi di lavoro da casa hanno avuto effetti negativi con la comparsa di maggiori episodi di ansia (56% del campione di un’indagine di Forbes) o maggiore distrazione (32% da Upwork) o calo di produttività (45% Eagle Hill Consulting).

Altri sostengono che i lavoratori non possono semplicemente tornare alle vecchie modalità in quanto questo può provocare malessere e fuoriuscite aziendali verso contesti più “flessibili”.

E io, in mezzo a queste posizioni contrastanti, mi chiedo: sarà possibile cancellare questa esperienza vissuta nel 2020,  che seppur obbligata ed imposta rimane ancora forte nella nostra mente e tornare indietro senza se e senza ma?

La risposta è ovviamente scontentata per alcune tipologie di lavoratori che non possono usufruire di questo modo nuovo di vivere l’azienda, per tanti, invece, è giusto e necessario aprire una finestra e dare l’opportunità di ripensare alla vita lavorativa non condizionata da un luogo fisico e da orari rigidi.

Approfondisci questo tema, leggi anche “The Great Resignation: l’esodo volontario dei lavoratori under 40”

 

Il lavoro ibrido potrebbe mettere d’accordo candidati e aziende

In sintesi, da un lato non possiamo tornare alle modalità organizzative del 2018/2019, che ormai sembrano così lontane, dall’altro però gli studi stanno dimostrando che lo smart working non è adatto a tutti e che il lavoro agile, così come l’abbiamo vissuto nel 2020, porta anche conseguenze negative sul benessere delle persone.

Allora forse l’“hybrid workplace”, ovvero alternare il lavoro in presenza con quello da remoto fornendo ai lavoratori gli strumenti fisici ma anche organizzativi e gestionali, può essere una soluzione per permettere alle aziende di ripensarsi, riprogettarsi, rinnovarsi ed organizzarsi in base alle esigenze del loro business. In questo senso, sviluppare una esperienza sia fisica che digitale è forse da intendersi come un auspicabile futuro per i lavoratori e le aziende.

Scopri di più sulle modalità di lavoro a distanza leggendo “L’evoluzione del lavoro da remoto: dal telelavoro al nomadismo digitale” 

Proprio in questi giorni Cisco sta presentato i dati di una ricerca “Global Hybrid Work Index”, in cui viene mostrato come le tendenze delle persone si sono rimodellate nell’ultimo anno e mezzo e che il 64% è d’accordo sul fatto che la possibilità di lavorare da remoto è direttamente correlata alla scelta di rimanere o lasciare un lavoro; quindi anche la fedeltà ad un contesto è influenzata da questi elementi.

Questo sentire, il mormorio di questi cambiamenti non avviene solo oltreoceano, nelle grandi metropoli o nelle multinazionali; per tutti ora diviene necessario riflettere sul bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata.

Chi come noi si occupa di consulenza nelle aziende e ricerca personale, fa i conti ogni giorno con questo cambiamento e questa nuova visione. Le persone ormai non pongono solo domande su quale sarà il loro ruolo ed attività in azienda o quale sia il contratto o la retribuzione.

Il focus è sempre più spostato su quanto l’azienda si sia adeguata al nuovo modello e quindi se “c’è flessibilità oraria” oppure se “sono previsti dei giorni di lavoro da remoto”.

Non si tratta di attirare solo i cosiddetti talenti, quei professionisti che da sempre sono complessi da ricercare, ma anche profili per cui, fino a qualche anno fa, si svolgevano importanti attività di scrematura di centinaia di curriculum di persone che si proponevano spontaneamente e su cui oggi un selezionatore si trova a fare attività spinta di head-hunting.

Il lavoro ibrido, dunque, non è più un plus che crea benessere lavorativo, ma è sempre di più una condizione di base e un importante elemento di aggancio quando si cercano nuovi professionisti, che siano essi junior o senior.

 

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