Le vicende degli ultimi anni hanno portato grandi cambiamenti nel mondo del lavoro e ciò che prima veniva descritto come “il futuro” del lavoro è diventato oggi una realtà. Le evoluzioni iniziate durante la pandemia hanno subito un’accelerazione e sono diventati aspetti stabili del mondo del lavoro attuale.

In questo scenario, i professionisti delle risorse umane devono necessariamente evolvere, comprendere i nuovi trend e trovare strumenti efficaci per adattarsi e rispondere alle nuove aspettative di aziende e persone.

Per cercare di comprendere al meglio il panorama lavorativo di questo e dei prossimi anni, vi presentiamo le tendenze HR che sono già protagoniste di questo 2023.

Il lavoro è sempre più “ibrido”

Già tema caldo del 2022, lo smart working / lavoro ibrido si riconferma uno dei temi più rilevanti in ambito HR anche per quest’anno. Lo scenario degli ultimi anni ha aperto importanti strade per l’utilizzo e la regolamentazione del lavoro da remoto o ibrido, che ad oggi sappiamo essere non soltanto una preferenza, ma una condizione quasi assoluta per almeno un lavoratore su due che decide di cambiare lavoro.

La maggior parte delle persone ha dichiarato infatti di sentirsi più serena e produttiva a svolgere le proprie attività da casa e gli studi sembrano confermare questa tendenza: da un’analisi sul 2021 dell’Ufficio studi di Variazioni, il lavoro agile ha incrementato la produttività dell’8% (53% vs 45% nel 2020), oltre a migliorare l’autonomia (+6%), la qualità del lavoro e la capacità di delega dei responsabili (+7%).

Nonostante quindi il mondo vada verso un modello di lavoro più agile e flessibile, molte aziende faticano ad adattarsi a questo cambiamento e rimangono aggrappate al concetto di centralità dell’ufficio; anche grandi realtà come Apple, Tesla e Disney stanno chiedendo ai propri collaboratori di tornare a vivere gli uffici per gran parte del loro tempo lavoro. Questo sta portando alla nascita di polemiche e netti rifiuti da parte di molti lavoratori di fronte alla richiesta di un ritorno in presenza; l’aspettativa per i prossimi mesi e anni è che le aziende si adattino sempre di più a questa richiesta, offrendo politiche di lavoro da remoto o ibrido per rimanere competitive ed attrattive nel mercato ed assumere e trattenere i migliori talenti.

Competenze trasversali e leadership empatica sono le nuove “hard skills”

Al giorno d’oggi, sempre più spesso le persone scelgono azienda e datore di lavoro in base alla possibilità di inserirsi in un ambiente positivo e collaborativo. Passata l’era dei leader autoritari e autorevoli, nel 2023 le persone ricercano leader empatici, in grado di ascoltare e di cogliere le necessità di crescita e le proposte dei propri collaboratori nonché di stimolarli e motivarli attraverso una corretta condivisione di valori e di pensieri positivi. (IlSole24ore).

Le competenze tecniche rimangono di fondamentale importanza, ma sono sempre più richieste quelle competenze trasversali in grado di creare rapporti positivi con gli altri e ambienti di lavoro collaborativi e flessibili.

In questo contesto, il compito delle Risorse Umane non si ferma all’individuazione di persone predisposte caratterialmente e in possesso delle skill necessarie, bensì continua con l’offerta di programmi di formazione o meglio esperienze interattive sul campo in grado di creare consapevolezza delle proprie soft skills per promuovere ambienti di lavoro incentrati su relazioni interpersonali positive e produttività.

In questo caso sembra che la strada sia già ampiamente spianata: secondo gli ultimi dati, il 51% delle aziende a livello globale è oggi guidata da Millennials, che stanno attuando uno stile di leadership notevolmente diverso rispetto a quello dei propri predecessori, grazie ad un maggiore impegno nei confronti dell’ESG, ossia ambiente, società e governance, aspetti molto importanti anche per le nuove generazioni che si stanno affacciando al mondo del lavoro.

Cultura “People first”: alla ricerca della felicità

Un importante effetto della pandemia è stato accorgersi dell’importanza di sé stessi, della propria salute mentale e del proprio benessere, sia a livello personale che professionale e ciò ha spinto le persone a dare maggiore priorità alla ricerca della propria felicità.
Questo però finisce per scontrarsi ancora troppo spesso con il mondo del lavoro: secondo uno studio di Deloitte del 2022 sul benessere, i principali ostacoli che impediscono alle persone di dare priorità al proprio benessere e alla propria salute mentale sono tutti riconducibili alla sfera lavorativa, come carichi eccessivi e troppe ore lavoro. L’aumento generale dei costi porta inoltre le persone a percepire inadeguato il proprio stipendio per vivere una vita dignitosa e senza preoccupazioni.

Le Risorse Umane assistono sempre più spesso a fenomeni quali richieste specifiche su retribuzione, benefit e work life balance nei processi di selezione o lamentele di stress e di stipendi non adeguati nei dipendenti presenti.

Per l’azienda la conseguenza di questa insoddisfazione non è altro che una chiara diminuzione della produttività nonché perdita di attrattività e di competitività nel mercato.

Nel 2023, invertire questo fenomeno con l’introduzione (e il consolidamento) di una cultura “people-first” nelle aziende è fondamentale per garantire un ambiente di lavoro sano e di benessere generalizzato e per mantenersi attrattive agli occhi di presenti o possibili talenti che credono nei valori del rispetto, della fiducia aziendale e della valorizzazione di loro stessi e delle loro competenze ed abilità.
Leader e Risorse Umane dovranno collaborare per definire interventi mirati che potranno toccare, ad esempio, l’aumento di salari o di benefit, percorsi di sviluppo e di salti di carriera strutturati, flessibilità oraria e smart working, attenzione agli aspetti di sostenibilità ambientale e agli aspetti della sicurezza, e tanti altri.

Artificiale e umano: il confine dell’AI

L’Intelligenza Artificiale ha trovato ampio spazio anche nel campo nelle Risorse Umane. Processi informatici e gestionali regolati da algoritmi sono diventati indispensabili per gestire ed elaborare grandi quantità di dati, soprattutto nelle prime fasi del recruiting, nell’esaminare velocemente numerosi Curriculum e scoprire eventuali corrispondenze tra le competenze di un candidato ed un ruolo aperto.

Se uno degli aspetti positivi dell’applicazione di questa tecnologia è senz’altro un aumento nell’efficienza e nella rapidità dei processi, dall’altro lato il tema applicato alle Risorse Umane può essere poco etico vista la riduzione di attenzione proprio alla componente umana.

Approfondisci questo tema leggendo “Algoritmi e Risorse (sempre meno) Umane”

In realtà la tendenza è quella di programmare algoritmi sempre più in grado di escludere errori, distorsioni e disuguaglianze e automatizzare certe parti del processo di reclutamento permetterà ai datori di lavoro di ridurre tempi di assunzione dei candidati, velocizzando e rendendo più fluido il processo decisionale.

Certo, la sfida dei prossimi anni sarà trovare un bilanciamento tra questa importante risorsa tecnologica e l’umanità dei processi HR: insomma, avere un supporto  nelle fasi più standardizzate dell’attività, in modo che i professionisti delle Risorse Umane possano soffermarsi sugli aspetti più umani e profondi dei processi HR.

Ci stiamo “bruciando” gli HR?

Leggendo tutte queste novità, è facile intuire come i professionisti delle Risorse Umane siano fortemente in prima linea di fronte a processi di cambiamento molto rapidi e massivi nel mondo del lavoro; negli ultimi anni, si sono trovati ad affrontare problemi nell’ambito della salute mentale e del benessere dei collaboratori, hanno implementato piani per gestire il ritorno negli uffici o le nuove politiche di smart working. Tutto questo mette la categoria sotto pressione e gli effetti iniziano già a vedersi: da una ricerca di SHRM, società statunitense che opera in ambito Risorse Umane, è emerso come su 726 figure HR distribuite in sette diverse nazioni, ben il 42% stava mostrando di segnali di burnout.

In questa situazione, molti “colleghi” del settore stanno cercando altri lavori, alla ricerca di condizioni più favorevoli e maggiore benessere. Dalle analisi di LinkedIn è emerso come i professionisti HR abbiano avuto il punteggio di turnover più alto lo scorso anno, superando persino i professionisti dell’ambito IT o ingegneristico. A conferma di ciò, Executive Networks’ 2023 Future of Working and Learning Report ha riscontrato come il 41% dei professionisti HR sarebbe disposto a valutare di lasciare il proprio lavoro nel prossimo anno, dato molto più alto rispetto ai manager, (29%), lavoratori di concetto (19%) e le prime linee (22%).

Questa “crisi” del settore HR non può essere letta solo come una conseguenza della pandemia. Le cause sono infatti sono da ricercare nella rapida evoluzione del ruolo HR, che oggi è più complesso, strategico e cross-funzionale.

Gli imprenditori devono prestare attenzione all’impatto dei cambiamenti del mondo del lavoro anche sui loro team HR, supportandoli quando necessario con con formazione specializzata, accesso a percorsi di coaching individuali e in generale riconoscendo l’importanza sempre maggiore che il ruolo HR ha e avrà per il successo dell’organizzazione.

 

Smart working, AI, leadership empatica e salute mentale non sono temi nuovi nel mondo del lavoro, ma anno dopo anno appare sempre più chiaro il consolidamento di questi fenomeni e bisogni, oltre che la resistenza  di molte aziende di adottare nuovi processi e approcci: solo cavalcando questi cambiamenti e rispondendo efficacemente alle richieste delle persone, le aziende potranno essere ancora attrattive e competitive e facilitare l’inserimento e la retention delle risorse.

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