L’emergenza attuale ha sovvertito molti assiomi e cristallizzazioni del passato presente e questo momento di rivoluzione ci ha costretti a fare le cose in maniera diversa. In questo periodo stiamo assistendo ad una contrazione delle attività lavorative, da un lato, e allo sdoganamento di pratiche di lavoro remoto, più o meno smart, dall’altro. Non mi addentrerò nella descrizione delle differenze tra lavoro da remoto e smart working, di cui abbiamo già parlato nell’articolo “L’evoluzione del lavoro da remoto: dal telelavoro al nomadismo digitale“; voglio concentrarmi in una breve riflessione sul cambiamento “smart” delle attività di consulenza SCR in questo periodo di quarantena.

Le attività di consulenza di SCR hanno sempre visto un affiancamento degli incontri in presenza con i clienti all’impiego di strumenti tecnologici e modalità di confronto a distanza. Skype call, l’invio e la discussione di documenti via Google Drive e WeTransfer, la presentazione dei risultati di un progetto attraverso condivisione di schermo e video conferenze hanno sempre permesso di ridurre la distanza geografica o di venire incontro alle diverse disponibilità temporali di aziende e professionisti.

Spesso ci si scontrava però con l’esternazione, da parte di molte aziende, di una certa diffidenza nei confronti di queste modalità: mancando la presenza, sembrava che passasse il messaggio di non dare la stessa importanza ai risultati emersi o alle necessità interne.

Quindi, quando dall’oggi al domani si sono dovuti riprogrammare gli incontri e gli step in essere attraverso modalità on-line, ci siamo trovati a gestire nuovi tipi di complessità. Sebbene fossimo pronti da un punto di vista tecnologico, essendo in possesso di strumenti digitali che permettevano una condivisione totale delle diverse fasi dei progetti, il coronavirus ha costretto le aziende e noi consulenti a stabilire modalità relazionali diverse, attraverso uno schermo, e a trovare nuovi modi di essere “vicini”. Con il susseguirsi delle restrizioni sulla mobilità e il fermo di molte attività aziendali alcuni percorsi di consulenza sono stati interrotti, la maggior parte dei quali in fase iniziale, ma i restanti sono stati portati a conclusione.

Avviene così che la tecnologia si sposi con la costruzione di relazioni: per una importante realtà del nord Italia  abbiamo svolto degli incontri online per discutere della definizione delle modalità migliori per la valutazione della performance interna, portando a conclusione il percorso iniziato un paio di mesi fa. Il progetto, nato a seguito di una precedente analisi organizzativa condotta da SCR, ha visto il susseguirsi di incontri online con più partecipanti (CEO, responsabili e referenti) che ha permesso la definizione delle schede di valutazione, la specifica dei KPI per singolo collaboratore, affiancamenti sulle modalità di presentazione dello strumento ai propri collaboratori.

L’aver avuto delle precedenti esperienze ed aver concluso dei percorsi aziendali ha reso più semplice il passaggio delle attività online.

La coordinazione dei calendari, l’utilizzo di programmi per call conference e condivisione dei documenti ha permesso di portare avanti il progetto, concludendolo con momenti di supporto, attraverso dei colloqui individuali. Le tecnologie utilizzate hanno permesso di raggiungere in maniera efficace l’obiettivo prefissato, senza possibilità di sviluppare dipendenza da schermo o prendersi più tempo per portare a termine le attività. Si è assistito alla condivisione di informazioni e opinioni, alla discussione di temi e confronto in gruppo, entrando in spazi di quotidianità delle persone coinvolte: una cucina, la propria camera, uno studio casalingo. L’essere fuori dal proprio ambiente di lavoro non ha influito sulla possibilità di progredire o rispettare i tempi nelle attività e nei compiti, in alcuni casi ha reso più flessibile il proprio orario di lavoro: raggiungere l’obiettivo non significava lavorare otto ore, si guadagnavano tempo ed energie per il proprio tempo di vita o una migliore conciliazione con i tempi di cura familiare.

La consulenza SCR, basandosi su un’attenta analisi del bisogno, cerca di coinvolgere il cliente in una condivisione di intenti che diventano fondamentali quando si utilizzano modalità che non contemplano vicinanza fisica. Si è assistito quindi a rispetto dei tempi degli appuntamenti on line, condivisione dei documenti, confronto e discussione online. Si è seguita un’etichetta perle call online; molte volte ritardi, o scarsa connessione, rischiano di far parlare le persone una sull’altra con il risultato di percezioni di perdita di tempo e frustrazione; in questo caso la relazione professionale che si era venuta a creare ha permesso di prestare attenzione all’altro, settarsi sui suoi lag di sistema ed attendere ognuno il proprio turno per parlare, con una maggiore consapevolezza del proprio ruolo e del lavorare in gruppo.

Questo progetto, lo smart working o il lavoro da remoto, è in grado di raggiungere l’obiettivo quando si è riusciti a costruire relazioni professionali di fiducia.

Parafrasando Stephen Covey: la fiducia si stabilisce e si propaga come un’onda, dall’interno verso l’esterno.

Quando cominciano a mancare riferimenti numerici o tangibili (svolgere le 8 ore di lavoro, la classica settimana lavorativa, la propria postazione fisica in ufficio…) è necessario spostare l’attenzione sugli obiettivi: comunicarli chiaramente, coinvolgere gli attori aziendali, attivare delle reti di informazioni.
Con la realtà aziendale dell’esempio riportato in precedenza siamo riusciti a propagare l’onda che ha coinvolto anche i destinatari delle schede di valutazione, innescando un dialogo costruttivo e riposizionando la relazione tra responsabili e risorse coordinante. Le pressioni temporali, lavorative e sanitarie di quest’ultimo periodo, hanno fatto accelerare l’entrata in azienda dei concetti di fiducia e di lavoro per obiettivi che, per forza di cose, ora non vengono bypassati da situazioni di stress o modalità lavorative ipercontrollanti.
Spero vivamente che questa situazione e l’attualizzazione di pratiche, fino a poco fa, teoriche aiuti a comprendere che non basta dichiararsi intelligenti per essere “smart”: è necessario agire intelligentemente per essere in grado di entrare nel futuro agile del lavoro.

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