Nella storia di impresa dedicata a F.lli Righini abbiamo raccontato la storia dell’azienda e il rapporto che si è venuto a creare con SCR per le attivitià di ricerca e selezione del personale.
Introduciamo l‘intervista al titolare, riprendendo proprio un passaggio dell’articolo:

Renzo Righini, in uno dei primi incontri, ci lanciò una suggestione: “come imprenditore una delle mie prime preoccupazioni quando mi sveglio la mattina è far sì che le persone che lavorano qui vengano a lavorare volentieri”.
Queste parole, a noi che stavamo avviando una nostra impresa, sono rimaste nel cuore, e oggi che sempre più si parla di benessere lavorativo, employer branding, vediamo grandi slogan e poca sostanza … in questo caso invece vediamo concretezza da costruzione meccanica. 

Ma andiamo all’approfondimento: ecco gli argomenti di cui abbiamo parlato durante l’incontro con Renzo Righini, che ha risposto così alle nostre domande.

 

Ricorda com’è avvenuta l’evoluzione da azienda specializzata nella manutenzione navale fino all’orientamento verso l’offshore? Ce la racconta? In azienda o in famiglia c’erano obiezioni verso il nuovo business oppure è avvenuto tutto in maniera automatica?

Vivo l’azienda da quando avevo 10 anni, con continuità dal 1973, il passaggio all’offshore l’ho vissuto direttamente. Prima facevamo riparazioni navali e costruzione di pezzi di ricambio per clienti come le Officine Maraldi. Il mondo cambia e se vuoi evolverti devi cambiare anche tu.
Negli anni abbiamo assistito ad un’evoluzione della meccanica, che noi abbiamo seguito, non devi essere un genio ma è necessario capire le evoluzioni. In famiglia non ci sono state obiezioni o scontri, non abbiamo modificato il nostro business, siamo sempre stati legati alla meccanica.
Il punto di svolta è stato negli anni ’80, alcuni nostri clienti sono andati in crisi, alcuni ci hanno fatto nuove richieste, o abbiamo letto correttamente una loro esigenza, a questo si è unita la nostra voglia di fare qualcosa che fosse pensato e studiato da noi.

Nelle manutenzioni navali non c’erano margini, sulle navi la vita era difficile, nel 1987 ci fu l’incidente della Mecnavi, decidemmo di uscire dal settore e cominciammo a lavorare sempre più con Saipem, ci hanno proposto di fare delle piccole cose e abbiamo creduto che un forte contenuto tecnologico potesse essere la base per il nostro futuro, abbiamo così iniziato a fare un lavoro completamente diverso e abbiamo creato l’Ufficio Tecnico. I primi lavori sono stati semplici ma ci abbiamo creduto, con decisione.
Col tempo abbiamo saputo diversificare i clienti internazionalizzandoci sempre più.

Cosa succedeva. invece, ai reparti interni all’azienda man mano che il tipo di lavoro cambiava? I lavoratori si sono adattati o hanno avuto difficoltà in quella fase?

Non ci sono stati grossi traumi anche se in officina un po’ di malumori ci sono stati. C’erano operai specializzati che prima potevano fare le prime donne, ma le loro competenze sono diventate meno importanti, alcuni sono cambiati con noi, altri hanno scelto altre strade, altri sono entrati. Abbiamo costruito una squadra diversa.

Nei team di lavoro attuali, invece, quanto contano alcune competenze molto tecniche rispetto a quelle più umane? In che modo valutate i due tipi di skills?

Abbiamo un vizio: una base tecnologica fortissima. I clienti non ti danno il lavoro perché sei simpatico o hai il commerciale bravissimo. Conta il pedigree, conta quello che hai fatto.

Le competenze tecniche sono la cosa più importante, sono la base.

Contano però anche le doti umane, sapersi relazionare, essere propositivo, essere di stimolo. Il nostro è un lavoro di team, è importante farsi capire e comprendere, chi si trincera dietro la propria scrivania fa fatica.

 

Provando a guardare al futuro dei prossimi anni, secondo lei come cambierà il settore e quindi aziende come la sua?

Questa è un delle cose che mi cruccia di più, forse il problema più grande oggi è l’incertezza. La vita va avanti per passi, con applicazione, impegno, sacrificio, con la voglia di fare le cose.
Capire cosa avrebbe fatto l’azienda nel futuro una volta era un problema che non mi ponevo, ora ci penso a come dare un avvenire all’azienda intera, intesa come tutte le persone che ci lavorano dentro: serietà, professionalità, correttezza (coi clienti, coi fornitori, coi dipendenti), avere dei contenuti da mettere nel lavoro. Spero che siano cose che varranno ancora.

Cos’è per lei il cambiamento?

Il cambiamento oggi è una parola fin troppo abusata. Il cambiamento è un processo lungo che si fa con passione, dedizione e impegno.

Per concludere, abbiamo deciso di aprirci al dialogo con i nostri lettori e invitarli a inviarci i loro CV per la F.lli Righini: può aiutarli a capire quale candidato rappresenta per voi l’ideale?  E quale potrebbe essere un consiglio che si sente di lasciare alle nuove risorse interessate a lavorare con voi?

Credo sia necessario sposare un’idea, è necessario avere l’entusiasmo di venire a fare qualcosa che è sempre nuovo, molto spinto da un punto di vista tecnologico. Non cerchiamo chi vuole fare un lavoro routinario. È necessario avere un forte senso della curiosità, avere passione per quello che facciamo.
Quando assumo una persona guardo alla sua motivazione, alla passione per il nostro settore e alla capacità e di dialogo e confronto, non è più, se lo è mai stato, il momento del genio che non sa dialogare con gli altri.

 

 

[Copyright photo Renzo Righini: www.settesere.it]

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