Ti è mai capitato di ricevere chiamate lavorative durante il tempo libero, mentre sei in vacanza, in compagnia di amici e parenti, o mentre stai coltivando i tuoi hobby? Ti sei mai fatto risucchiare dal vortice del remote working, rendendoti reperibile in qualunque momento della giornata? Oppure, preso dalla preoccupazione per la quantità di e-mail a cui rispondere il lunedì mattina, hai iniziato a controllare la posta elettronica già a partire dalla domenica sera?
Da un paio d’anni in Europa questi ed altri comportamenti, che implicano un’invasione della vita lavorativa nella sfera privata, non sono più ammessi; nel 2021 infatti il Parlamento Europeo ha riconosciuto tutte le conseguenze negative sulla qualità della vita di un lavoratore sempre connesso e con una Risoluzione ad hoc ha invitato gli Stati Membri a riconoscere il Diritto alla disconnessione come fondamentale, chiedendo l’intervento della Commissione Europea per stipulare una direttiva che fornisca “un quadro un quadro legislativo al fine di stabilire i requisiti minimi sul lavoro a distanza in tutta l’Unione, garantendo che il telelavoro non pregiudichi le condizioni di impiego dei telelavoratori”.
L’articolo 2 del Decreto Legge 30/2021 lo dice a chiare lettere:
“I lavoratori hanno «il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. L’esercizio del diritto alla disconnessione, necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore, non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.
Disconnettersi per vivere (e lavorare) meglio
La Risoluzione del Parlamento Europeo vuole porre dei confini al tempo dedicato al lavoro e tutelare la vita personale e il tempo libero dei collaboratori. A causa della sempre maggiore presenza di tecnologie digitali e di politiche di smart working e remote working, incentivate anche dal periodo pandemico, l’imperativo odierno sembra essere quello di essere connessi e raggiungibili sempre, in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo.
Approfondisci questo tema leggendo “L’imprenditore H24”
Questo, se da un lato può dimostrarsi una valida risorsa per rendere più “agile” il lavoro, rischia tuttavia di rompere il delicato equilibrio tra vita privata e professionale.
L’essere sempre reperibili comporta infatti un’intensificazione del lavoro, con una conseguente contaminazione del tempo libero che dovrebbe invece essere invece dedicato al relax e allo svago, in modo da ricaricare le energie in vista di una nuova settimana lavorativa.
L’assenza o la riduzione di questi momenti ha influenze negative sulla salute psicofisica della persona; l’essere sempre reperibili renderebbe quasi impossibile staccare la spina e distogliere la mente dall’ambito professionale, portando ad un aumento dello stress lavoro-correlato e ad un peggioramento della qualità della vita nel suo complesso.
Tuttavia, si potrebbe ingenuamente pensare che questa pratica porti invece benefici all’azienda, dal momento che vengono svolti compiti lavorativi nonostante non venga percepita alcuna retribuzione straordinaria. Non è così: a causa dell’aumento dello stress lavoro-correlato nei dipendenti, infatti, si assisterebbe ad una tendenza crescente nelle richieste di periodi di ferie o nelle assenze per malattia. Il mancato riposo intellettuale ha conseguenze negative anche sulla produttività della persona; “essere sempre connessi abbassa la qualità del lavoro.” ha infatti commentato il sindacalista Jérôme Chemin, “Non agiamo più, siamo costretti a reagire di continuo”.
Per evitare quindi effetti negativi sul benessere della persona e sul suo rendimento lavorativo, occorre intervenire prontamente con misure organizzative che garantiscono un giusto riposo ai lavoratori grazie al “diritto alla disconnessione”, già normata in alcuni Paesi europei.
Il Diritto alla disconnessione in Europa
Francia
Riguardo a questo tema, la Francia è stata pioniera in Europa, con l’entrata in vigore da gennaio 2017 della legge Loi Travail che, con l’articolo 55, formalizza per la prima volta il “diritto alla disconnessione” dei lavoratori. Ciò comporta l’obbligo, per le aziende con più di 50 dipendenti, di trattare con i sindacati fino a stipulare accordi interni sui tempi e i modi in cui i lavoratori potranno essere “offline”.
La normativa prevede l’istituzione di “fasce di reperibilità” in cui il lavoratore deve essere a disposizione dell’azienda, non solo con la sua presenza nell’ufficio o nello stabilimento, ma con la garanzia di poter essere disponibile e rintracciabile anche per telefono o e-mail.
Al di fuori di queste fasce, però – e qui risiede la vera novità della legge – il lavoratore ha il diritto di non utilizzare apparecchiature tecnologiche per assolvere compiti connessi con l’attività professionale.
In pratica, all’interno di questi momenti di “disconnessione”, che solitamente coincidono con i weekend o i periodi di ferie o riposo, la persona ha la possibilità di spegnere il telefono aziendale, ignorare le chiamate del dirigente o del collega, non rispondere alle e-mail e non visualizzare i messaggi, il tutto senza essere considerato inadempiente sul lavoro, quindi senza conseguenze sulla prosecuzione del rapporto professionale o sulla retribuzione.
Questa legge si è resa necessaria di fronte ai risultati di uno studio del 2015, commissionato dal Ministero del Lavoro, che aveva messo in luce come tre quarti dei manager coinvolti nella ricerca non si “disconnettesse” effettivamente dal lavoro durante il tempo libero, continuando a rispondere alle telefonate lavorative o a consultare le e-mail.
Ancor prima della promulgazione della legge francese, infatti, molte grandi aziende avevano già limitato l’utilizzo delle tecnologie digitali a fini professionali in orari extralavorativi: in Volkswagen, ad esempio, dove vige anche il divieto di inviare e-mail dopo le 18.15, i server vengono spenti mezz’ora dopo la fine dei turni e riaccesi trenta minuti prima dell’inizio. In altre aziende, come Deutsche Telekom, Axa e Areva, multinazionale francese del settore energetico, quando si esce dall’ufficio, non si devono leggere più e-mail.
Belgio
Dallo scorso anno, anche il Belgio si è dotato di una normativa che regolamenta i contatti fuori dall’orario di lavoro, che al momento è attiva per i dipendenti pubblici ma che potrebbe essere estesa anche al settore privato. Dal primo febbraio 2022, i dipendenti pubblici hanno infatti il diritto di non rispondere più a mail, messaggi e telefonate una volta terminato il proprio orario di lavoro, a meno che non ci siano “circostanze eccezionali e impreviste che richiedano un’azione che non può attendere” il rientro.
L’iniziativa, come spiegato dalla Ministra della Pubblica Amministrazione Petra De Sutter, ha l’obiettivo di abbracciare il cambiamento culturale del mondo del lavoro, ma anche di tutelare la salute dei lavoratori e il work-life balance, scongiurando il pericolo di stress e burnout e al contrario aumentando concentrazione ed energie grazie alla giusta dose di riposo.
E in Italia?
Dopo la pionieristica legge francese, anche il nostro Paese si è mosso verso una normalizzazione dei momenti di lavoro e di tempo libero. Il primo cenno normativo alla disconnessione si trova nella legge 81 del 2017, quella che disciplina il lavoro agile, che garantisce questo diritto ma “nel rispetto degli obiettivi concordati”.
Il tema del Diritto alla disconnessione è tornato preponderante nel 2020, con l’esigenza di tutelare i lavoratori da remoto (e non solo).
In quell’anno si è infatti espresso il Garante della Privacy, invocando il Diritto alla Disconnessione senza il quale “si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa, annullando così alcune tra le più antiche conquiste raggiunte per il lavoro tradizionale”.
In seguito a questo, il Decreto numero 30 del 13 marzo 2021 (convertito poi in legge) è il primo a parlare esplicitamente di “Diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche” per “tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore”. Il Decreto quindi garantisce ad un lavoratore la possibilità di non rispondere alle email o al telefono e disattivare le notifiche senza “avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi”.
Il riferimento più recente in Italia è il Protocollo Nazionale sul Lavoro in modalità Agile, firmato il 7 dicembre 2021 da 26 tra organizzazione sindacali e datoriali; anche se lo smart working per definizione non prevede un preciso orario di lavoro, è possibile organizzare fasce orarie e individuarne una di disconnessione. Lo stesso diritto viene esteso anche alle assenze legittime, come malattie, permessi e ferie, durante i quali “il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e, in caso di ricezione di comunicazioni aziendali, non è obbligato a prenderle in carico prima della prevista ripresa dell’attività”.
Riassumendo, è ormai chiaro come leggi e norme a regolamentazione della reperibilità dei lavoratori si stanno rapidamente diffondendo per limitare l’abuso delle tecnologie digitali.
L’ambizione professionale deve essere infatti bilanciata con altri fattori, come la salute, la famiglia, lo sviluppo intellettuale e spirituale e l’ozio; è necessario mantenere una chiara distinzione ed un buon bilanciamento tra lavoro e tempo libero, entrambi aspetti fondamentali per benessere della persona.
Se, da un lato, le aziende devono combattere gli effetti negativi del cyberloafing, ovvero l’utilizzo delle tecnologie disponibili al lavoro per scopi personali, è altrettanto necessario impedire lo sconfinamento della professione in momenti di vita privata per garantire la salute psicofisica dei propri dipendenti.
Dopotutto, si lavora per vivere, ma non si vive per lavorare.
Nessun commento