Fin da quando sono entrata in SCR ho avuto la possibilità di essere conosciuta e sentirmi riconosciuta e valorizzata nelle caratteristiche che mi contraddistinguono. Ben presto mi è stata data l’opportunità di portare tutto quello che sono, che ho studiato e che traggo dalla mia esperienza quotidiana sul campo, su quello che mi piace definire “un palcoscenico”, all’interno di aule formative in contesti aziendali. Forse perché in me la voglia di “Insegnare” c’è sempre stata. Per cui, a 27 anni, mi sono ritrovata di fronte alla richiesta di affiancare i miei responsabili nella conduzione di docenze in azienda, e dopo alcuni, di condurle in completa autonomia.

Ebbene lì è iniziata una gran fifa, perché si sa, più ti esponi, più hai il rischio di sbagliare, soprattutto quando in aula hai manager del doppio della tua età anagrafica e della tua anzianità lavorativa.

Eppure, allo stesso tempo, la scarica di adrenalina e il senso di autoefficacia conseguente a quelle esperienze sono stati come una scintilla, un’energia che scorre dentro e ti accende e ti fa comprendere che forse sei più di quel che credevi.
A distanza di due anni dalla prima volta che misi piede in un’aula aziendale come formatore ho imparato tantissime cose. Qualche settimana fa ho tenuto una formazione in cui erano coinvolti imprenditori e persone operanti nelle risorse umane. Devo ammettere che quel poco d’ansia iniziale è passato appena ho iniziato a salutare una ad una le persone che entravano in aula (anche se virtuale) e il sentimento predominante dell’intero percorso fatto insieme è stato “divertimento”.

Ho deciso di iniziare proiettando il video di un comico che affrontava la tematica in oggetto con una vena fortemente ironica e da lì le persone si sono immediatamente sciolte, si sono sentite libere di esprimersi e condividere le proprie riflessioni e anche le risate suscitate. Per cui la conduzione della formazione ha proseguito in discesa, con numerosi interventi e grande attivazione dei partecipanti in un clima leggero e di positività contagiosa, che ha facilitato la comprensione dei contenuti senza annoiare. Durante la formazione ho cercato di narrare l’argomento attraverso poche definizioni standard, tantissimi esempi e racconti di vissuti ed esperienze di altri e con un continuo interagire con i partecipanti, chiedendo spesso a loro di anticiparmi con i loro punti di vista.

 Vivere le aule formative da partecipante e da docente mi ha insegnato tantissimo.

Una delle cose che più mi sono rimaste da una formazione in cui ho partecipato come uditore è quanto interferisca il rumore interno ed esterno di un ascoltatore rispetto alla detenzione delle informazioni udite in memoria. Dal 100% del messaggio di partenza, il residuo nell’ascoltatore è attorno al 10%. Per cui sulla base di questi dati, tendo a focalizzare pochi concetti che voglio che permangano nella memoria dei miei partecipanti e faccio ruotare l’intera formazione attorno a quelli, supportandoli con esperienze multisensoriali e multi-emozionali.

Scopri di più sulla formazione di SCR

Non solo contenuti formativi: l’importanza di portare se stessi

Prima di salire sul “palcoscenico” ogni volta passo ore in backstage a lavorare sulle modalità di trasmissione dei contenuti, sugli esempi mirati in modo da far calzare al meglio a quella specifica aula di partecipanti il senso e il significato di quello di cui parlerò e permetter loro di rivedersi ed immaginarsi nelle situazioni che racconto.
Ma, per quanto la preparazione sia fondamentale, non è solo una questione di tecnica.

Quando entro in aula, sento che oltre a portare contenuti, definizioni e significati, in primis porto me stessa, la mia capacità di leggere nei partecipanti, di instaurare una relazione con loro che favorisca l’acquisizione di informazioni e l’attivazione come protagonisti direttamente coinvolti.

In questo modo i partecipanti si sentono coinvolti nel flusso di tematiche, discussioni, casi studio ed esperienze personali e riescono a mettersi in gioco facendo cadere le barriere relazionali date dal proprio specifico ruolo, annullando persino, in un certo senso, i gap funzionali legati alla posizione gerarchica che hanno nell’organizzazione.


Dover fare formazione online per me è un po’ limitante in quest’ottica di pensiero e di approccio con la formazione, perché le barriere della distanza fisica rendono il tutto più complesso e meno naturale. Il mio modo di portare me stessa allora si è adattato ad una nuova modalità di trasmissione: lavoro tanto sulle slide, aggiungendo immagini, video, fumetti e elementi che riconducono a ciò che sono, alla mia storia e al mio modo di percepire la vita e muovermi nelle esperienze quotidiane. In più cerco di inventare nuove modalità di interazione con i partecipanti non predefinite ma creative e sempre diverse.

Approfondisci il tema della formazione a distanza rivedendo l’intervista a Giada e Antonia

A volte mi dicono: “Ma come fai a formare persone così più grandi e esperte di te?”

La mia risposta è che per imparare qualcosa di nuovo si parte da un assunto socratico “So di non sapere”.

Personalmente ritengo che ognuno di noi sia in una condizione, a qualsiasi età e a qualsiasi livello di carriera, di non sapere ancora tante cose. In più, potersi ritrovare di fronte ad un formatore così poco anziano (quindi così poco saggio e detentore di sapere assoluto), mette i partecipanti nella condizione di non sentirsi giudicati da un occhio superiore, di sentirsi liberi di esprimersi pienamente e lasciarsi andare con molta più facilità, in un contesto in cui se chi conduce è giovane e divertente, le modalità di attivazione saranno libere e più spontanee. E penso che queste siano le prerogative per apprendere al meglio, il terreno fertile dove favorire la fioritura di nuove idee e nuove modalità di approcciarsi alle cose.

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