Il fenomeno definito dagli esperti come “collaborative workload“ è caratteristico di chi occupa posizioni manageriali e che si trova ad affrontare situazioni stressanti, derivanti da continue incombenze lavorative, legate all’attività di supervisione e al coordinamento di altre risorse.
Il dirigente scolastico che si sente lontano da quella che era la sua abituale attività di insegnamento, il chirurgo che non trova più il tempo di operare perché impegnato della gestione del suo team, il responsabile di produzione che non ha più a che fare con l’attività di costruzione di quel prodotto di cui è lo specialista; situazioni frequenti che, a volte, sono fonte di stress e insoddisfazione da parte di chi le vive.
Per comprendere a fondo la questione sorge spontanea una domanda: è chi ricopre il ruolo di ‘supervisore’ a non aver ben compreso quali sono le attività che gli spettano oppure è il concetto stesso di ‘supervisore’ ad essere distorto all’interno della nostra società?
Probabilmente entrambe le affermazioni trovano un fondo di verità.
Claudio Giovanni Cortese, docente di Psicologia del lavoro dell’università di Torino, afferma che in Italia si tende ad affidare ruoli di coordinamento a chi eccelle in un determinato lavoro, dando per scontato che l’abilità gestionale necessaria per la gestione dei team di progetto venga da sé. Inoltre, non si considera il fatto che quel chirurgo che ha passato la sua vita professionale in sala operatoria e poi si ritrova a gestire un team di collaboratori, senza aver tempo di operare in prima persona, potrebbe sentire la mancanza dell’attività precedente.
In altri casi il problema è la persona, che non ha gli strumenti necessari per affrontare in modo adeguato il passaggio da un ruolo operativo ad uno manageriale. È sempre Cortese a proporre tre soluzioni che aiuterebbero alla corretta esecuzione del ruolo di supervisor, vediamole insieme.
Agire su di sè per diventare manager migliori
Il professor Cortese indica tre strategie che permettono di migliorare nella messa in atto del proprio ruolo di manager, soluzioni che vanno prima di tutto ad agire sulle caratteristiche personali del manager, sulle sue aspettative di ruolo e sul suo modo di confrontarsi con il proprio team e che permettono di ridurre il “sovraccarico di collaborazione” che molti manager vivono.
Il primo suggerimento è quello di ridimensionare le aspettative verso il proprio lavoro: salire quello scalino in più e guardare il team dall’alto comporta, necessariamente, una diminuzione delle attività di carattere più operativo, a fronte di un aumento delle attività di gestione e supervisione. Accettarlo è fondamentale.
Il secondo consiglio è volto a promuovere l’attività di delega: distaccarsi da quelle che sono le attività di carattere più operativo e saper identificare la persona giusta a cui affidarle è la strategia adeguata per non essere sommersi da responsabilità che non spettano al proprio ruolo.
Terzo ed ultimo suggerimento è quello di abbandonare l’idea di poter essere multitasking, che spesso conduce ad un sovraccarico di stress e riduzione della produttività. Riuscire invece a concentrarsi in un’attività alla volta fa sì che alla fine della giornata si costruisca un quadro organizzato di quanto si è fatto e quanto si debba fare l’indomani.
Suggerimenti, questi, non sempre di facile applicabilità; nel momento in cui si è sommersi da incombenze di natura diversa, appunto manageriale od operative, non è automatico per chi le vive riuscire da subito a destreggiarsi, ma è importante iniziare a riflettere sull’incidenza di questo fenomeno, sui carichi di lavoro percepiti e sulla necessità di lavorare su se stessi per diventare manager e professionisti migliori e più equilibrati.
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