La nostra attività al fianco di aziende e professionisti ci regala un punto di vista privilegiato rispetto alle evoluzioni del mercato del lavoro e alle dinamiche aziendali. Grazie a questo, ci siamo resi sempre più conto di un cambio di paradigma che  sta avvenendo nel rapporto tra il marketing e le risorse umane.
Se infatti fino a qualche tempo fa queste due aree aziendali avevano compiti e obiettivi ben definiti e distinti, negli ultimi anni stiamo assistendo ad un mashup tra questi aspetti, con le risorse umane che si trovano a mettere in campo strategie proprie del marketing e un marketing che sempre di più presta attenzione alle dinamiche HR, entrando anche nel merito dei processi di selezione e gestione del personale. I professionisti delle risorse umane non possono infatti più ignorare l’importanza della comunicazione e dei social media nell’influenzare l’attrattività di un’azienda per nuovi talenti; dall’altro lato, il marketing dovrà prestare attenzione e cercare aiutare a migliorare il clima aziendale e la soddisfazione dei lavoratori, in quanto primi ambassador dell’azienda e creatori di contenuti che, diffusi su larga scala grazie alla sharing information, possono influire sulla web reputation dell’azienda stessa.

Per analizzare questo fenomeno in maniera più approfondita, abbiamo deciso di unire la nostra esperienza in ambito HR alla competenza di un professionista del marketing e della comunicazione: abbiamo così raccolto l’opinione di Franco Balestrieri, Direttore Marketing e Comunicazione di GVM Care & Research, prestigioso gruppo del settore sanitario con cui SCR ha stretto negli anni un rapporto duraturo – poi evoluto in una vera e propria partnership – per servizi di selezione e consulenza HR.
Con lui siamo andati a ritroso nel tempo fino agli anni ’90, quando fu coniato il termine di Employer Branding, approfondendone tutte le declinazioni successive (Internal Branding, Employer Advertising) e cercando di capire in che modo il binomio marketing e risorse umane potrà valorizzare l’azienda e migliorarne performance e risultati commerciali.

Ecco come ha risposto alle nostre domande.

Quali sono i punti di contatto e le differenze tra l’area marketing e le Human Resources?

Le differenze e le conformità si evincono in base alla prospettiva da cui si guardano queste due aree professionali – anche se il principio può valere anche per altre – perché entrambe hanno a che fare con le persone, entrambe “vendono” l’immagine dell’azienda sotto diversi punti di vista, ognuna per un proprio fine. L’obiettivo comune è ottenere buone performance aziendali, performance che non devono essere concepite solo come economiche, ma come insieme di risultati che portano all’ottenimento di successi economici. Marketing e HR cercano entrambi di migliorare la percezione dell’azienda anche dall’esterno: infatti, se l’immagine dell’azienda/brand è interessante, attirerà maggiori talenti, ma allo stesso tempo potrà avere maggiori possibilità di vendita dei prodotti/servizi che mette sul mercato. Inoltre, se il clima aziendale è positivo e le risorse umane motivate, queste diventano degli ottimi brand ambassador dell’azienda, ma anche dei facilitatori interni che in modo spontaneo e partecipativo porteranno qualità nei processi aziendali; al contrario possono essere i maggiori detrattori, influenzando negativamente i colleghi e le possibilità di maggiore successo del brand aziendale.

In che modo il marketing può contaminare l’area risorse umane? E quali sono le sfide e le potenzialità di questo connubio?

Quando il clima aziendale, e di conseguenza le persone che lavorano all’interno, è positivo è possibile creare progetti tesi a migliorare ulteriormente la fidelizzazione dei dipendenti verso l’azienda stessa. Al di fuori delle classiche attività di team building, il marketing e le HR possono creare percorsi di inserimento e azioni di engagement semplificati ed efficaci a diversi livelli aziendali utilizzando le logiche e gli strumenti di comunicazione tipiche del marketing. L’esperienza di una persona fin dal primo incontro con l’azienda potrebbe influire sul desiderio di entrare in quell’azienda per la quale ci si è candidati.
Inoltre, il marketing e l’HR Department, quando siedono insieme ai tavoli strategici, possono essere l’uno il braccio armato dell’altro, per rendere concretizzabili vision e mission attraverso azioni concrete sul capitale più importante: le persone.

Parliamo di selezione del personale, un’attività che se mal condotta può influire sull’immagine aziendale, sul clima o sui risultati in maniera fondamentale in quanto correlata alla prima impressione che, come sappiamo è difficile da scardinare.

Immaginiamo una zona colloquio che da subito faccia immergere i candidati nella corporate identity, con immagini e materiali da consultare, con all’ingresso personale dell’accoglienza che esprime, nel modo di proporsi, il piacere di lavorare per quell’azienda: questi elementi danno sin da subito la percezione di quanto valore l’azienda ripone nel capitale umano, della volontà di evolversi nel tempo e del buon clima che si respira.

L’obiettivo è fare in modo che la persona riconosca nell’azienda non solo un datore di lavoro, ma un partner che può migliorare la sua vita professionale e ne stimoli la volontà di entrare a farne parte. La riconoscenza così stimolata troverà espressione in vari modi, primo fra tutti in una maggiore fidelizzazione della persona. Trasformare la risorsa umana nel primo cliente dell’azienda è certamente uno dei compiti più difficili, ma allo stesso tempo uno dei risultati di maggiore efficacia per il futuro. Le persone positive contaminano all’interno – e contrastano – quelle negative.

In che modo il marketing può supportare le risorse umane nel veicolare azioni di People Management in azienda?

Oggi è necessario mettere in campo non solo attività, ma azioni con strumenti dedicati ai diversi target aziendali. Anzi, per uscire da questa modalità un po’ troppo “markettara”, e forse non adatta al contesto, evitiamo di chiamare target (bersaglio) il nostro pubblico, che è fatto di persone, ognuna con il proprio ecosistema. Dovremmo nelle aziende, in modo più diffuso, parlare di Talenti, non di Personale.

La comunicazione interna all’azienda è il principale punto di contatto tra le strategie di marketing e le HR. Le persone che lavorano all’interno dell’azienda, indipendentemente dal loro ruolo, sanno cosa si produce, come, per chi? In molti casi, le persone che lavorano in aree aziendali verticali, che non hanno come core i processi trasversali (per esempio comunicazione o qualità o le vendite), non hanno la completa percezione di cosa viene fatto dall’azienda stessa, con quali metodi, perché, a chi si vende o in quali Paesi; in conclusione non sono coinvolti nel processo complessivo aziendale. È naturale che in molti casi non si veda un immediato vantaggio nell’investire risorse/tempo/soldi su coloro che non partecipano in modo diretto alla creazione/vendita di un prodotto/servizio, ma un’attenta analisi ci mostra come se ne potrebbero ricavare benefici indiretti non quantificabili nell’immediato.

La società attuale è in modo quasi totalitario digitale, da qui i social, la sharing economy e anche la “sharing opinion” che in questo secondo caso potrebbe influire sul brand aziendale dall’interno. Siamo connessi e iperconnessi, abbiamo email aziendali, gruppi aziendali, social aziendali, intranet aziendali: scegliamoli, sfruttiamoli, usiamoli nel migliore dei modi e anche in modo anticonvenzionale, non sono strumenti di comunicazione freddi e distaccati, ma sta a noi costruire il palinsesto della comunicazione interna, lo “human resources communication plan” per tenere fidelizzati i nostri migliori clienti. I dipendenti, o meglio i nostri talenti.

Perché è vero che esiste quel “vecchio proverbio”: tutti sono utili ma nessuno è indispensabile. Ma senza tutti, l’azienda crollerebbe. Senza tutti quei talenti che negli anni ne hanno fatto parte, l’azienda non avrebbe mai avuto successo.

Ma non solo, sostituire talenti che si perdono e che abbiamo formato costa in termini di tempo e possibili perdite economiche mentre cerchiamo il nuovo “talento”, sempre ammesso di trovarlo al primo tentativo. Questi principi possono valere non solo per i dipendenti, ma anche per i liberi professionisti che lavorano a stretto contatto con le aziende.

Negli anni SCR ha collaborato molto con l’area marketing del Gruppo Villa Maria: quale è il valore aggiunto di un confronto diretto tra un fornitore di servizi di risorse umane e l’area coinvolta nei progetti HR?

Conoscere, sapere, scoprire, evidenziare, comprendere, suggerire. Possono essere tutti aggettivi adatti a descrivere il valore di questo incontro, ma quello che più è importante è che il confronto si trasforma in supporto, attenzione ai particolari e soprattutto flessibilità di gestione.
Il dialogo tra marketing e consulenti HR diviene importante ai fini della traduzione dei diversi linguaggi, utile ad un dialogo efficace tra le due aree aziendali di cui abbiamo fin qui parlato. Ciò che ci si aspetta da una società di consulenza è proprio una visione ampia che possa favorire la costruzione di progetti e sinergie interne, con un occhio a ciò che succede in altre organizzazioni.

Quale ritieni sia il valore del passare da una logica cliente-fornitore ad una di partnership?

La logica del cliente-fornitore prevede confini stabiliti, un rapporto basato sulla compravendita di un servizio. Il cliente pone una richiesta, sulla base di una sua esigenza, e il fornitore offre la sua soluzione, concordandone costi e tempi ben definiti. La relazione termina una volta che il prodotto/servizio è stato ricevuto, che sia con soddisfazione o meno.
La logica di partnership prevede invece una collaborazione dai confini più fluidi, in cui il cliente e il fornitore – i partner – cooperano in maniera continuativa al raggiungimento di un obiettivo comune, a beneficio di entrambi. Con SCR si è creata negli anni una partnership basata su principi di onestà e trasparenza riguardo alle reciproche aspettative, oltre che sulla fiducia nelle capacità di analisi e reinterpretazione delle nostre necessità e competenze nella valutazione dei candidati.

Stabilire una partnership presenta due vantaggi principali: oltre alla costruzione una relazione di fiducia duratura nel tempo, ci sono anche benefici da un punto di vista strettamente economico. Una relazione continuativa permette ad un fornitore di servizi HR come SCR di conoscere meglio l’azienda, le persone che ne fanno parte e le dinamiche interne, consentendo di ottimizzare i processi selettivi individuando persone più in linea con il contesto e la cultura dell’azienda. Grazie alla partnership che si è creata, inoltre, la società di consulenza può anche diventare un fornitore continuo di talenti, in quanto può segnalare un candidato interessante per il proprio partner anche al di fuori di uno specifico percorso selettivo avviato, in una relazione di supporto reciproco.

 

 

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2 Commenti

  1. Buongiorno, ho letto l’articolo e devo dire lo trovo interessante, ma avrei un paio di domande da fare:
    La prima riguarda il talento. È un mio problema lo riconosco ma non ho ancora capito che cosa vuol dire avere talento? Ok sei capace di fare qualcosa ma se poi tralasci il resto? Mi spiego: hai una laurea magistrale, tre master e sei un talento in marketing, ma poi se sei un cane in relazioni umane come puoi lavorare in un gruppo di persone? La butto sullo sport, ho visto persone che non riuscivano a fare due passaggi consecutivi ma sopperire questa mancanza con la grinta, mettendosi a disposizione della squadra e fare strada, e altri con un talento enorme, ma non riuscendo a fare squadra, perdersi nei meandri delle squadre di periferia.
    La seconda domanda è perchè nelle aziende si trova ancora questa mancanza nel capire che HR e Employer Branding sono due cose distinte. L’employer branding ha un suo metodo come l’HR ha il suo, confonderli è facile o forse è solo furbizia?
    Grazie
    Davide

    • Grazie per gli interessanti spunti di riflessione, le sue domande non sono per nulla scontate! Il talento così come lo si intende nella maggior parte dei casi non è semplicemente saper fare qualcosa, ma l’essere particolarmente bravi e l’avere una predisposizione individuale che magari permette di arrivare a determinati livelli in tempi molto più brevi degli altri o con maggiore facilità. Quello che è sicuro però è che il talento non è tutto! Riprendendo la sua metafora sportiva, uno può essere un talento nel calcio, ma se non sa comunicare con gli altri e fare gioco di squadra non sarà mai un buon capitano (e magari neanche un buon calciatore). Il talento è importante, ma non prescinde da altre abilità trasversali e può essere anche compensato da altre capacità.
      HR e Employer Branding sono sicuramente due cose distinte anche se sempre di più si vanno a contaminare in quanto l’azienda deve essere sempre più attrattiva per poter attrarre candidati interessati a farne parte; forse per questa contaminazione si sta creando la confusione di cui lei parla.

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