Garrett Gee ha 26 anni, è americano ed è diventato milionario grazie alla sua mente brillante. Pochi giorni fa mi sono imbattuta nella sua storia mentre navigavo online, e ne sono rimasta affascinata.
In realtà ho provato un po’ di sana invidia. Non perché è milionario, ma per la scelta che ha fatto dopo esserlo diventato.
Garrett Gee, appassionato di nuove tecnologie, nel 2010 ha creato un’app talmente interessante che Snapchat, il famoso servizio di messaggistica istantanea, ha investito la strabiliante cifra di 54 milioni di dollari per acquistarla nel 2014.
Nel 2016 Garrett Gee, insieme alla moglie e alle due figlie, vende tutto e parte per il giro del mondo. Alla base della scelta, oltre all’evidente disponibilità economica, la voglia di intraprendere un’esperienza unica e soprattutto di condividerla con la famiglia, di condividere il proprio tempo. Infatti, il timore di non trascorrere abbastanza momenti con moglie e figlie è stato uno dei motori che ha dato vita al progetto.
Come dichiarato dallo stesso Garrett, il viaggio avrà una fine: la famiglia Gee ritornerà in America e Garrett riprenderà a sviluppare app.
È chiaro che sono poche le persone che si possono permettere di lasciare tutto per seguire un sogno, ma il messaggio che Garrett Gee vuole trasmettere è straordinario: impegnatevi al massimo, lavorate sodo ma non dimenticate che c’è un mondo che vi aspetta fuori dall’ufficio.
Io aggiungo: è necessario trovare un equilibrio tra lavoro e vita personale. In alternativa si può cercare o creare, nel caso degli imprenditori, un ambiente di lavoro in linea con il paradigma “Workplace as an experience” (che descriviamo in uno degli articoli della newsletter di questo mese).
Allora ho pensato alla mia esperienza personale, a quando incontro qualcuno che non conosco e alle domande che si pongono inizialmente per rompere il ghiaccio. Dopo le classiche presentazioni, tutte vertono sulla sfera lavorativa: “di cosa ti occupi?”, “che lavoro fai?”.
Non succede mai che qualcuno chieda “che libro hai sul comodino?” o “qual è l’ultimo viaggio che hai fatto?” o “qual è il tuo cibo preferito?”.
Ci identifichiamo nel lavoro che svolgiamo, noi siamo il lavoro che svolgiamo e visto che trascorriamo almeno un terzo della nostra giornata lavorando, è fondamentale trovare in ciò che facciamo qualcosa che ci realizzi non solo come professionisti ma anche come persone.
Questa considerazione non ha fatto altro che aumentare la consapevolezza dell’importanza che ha il nostro lavoro.
Chi si occupa di ricerca e selezione del personale accompagna i professionisti verso una nuova opportunità, li affianca in un momento che, anche se positivo, è comunque stressante perché implica un cambiamento. E spesso si raccolgono dubbi e perplessità sulla nuova esperienza, a volte si dice loro che forse non è il momento giusto per cambiare anche se questo significa non avere il candidato da presentare in azienda.
Allo stesso tempo, affianchiamo le aziende nella scelta di inserire nuove risorse, di investire su di loro non solo in termini economici ma anche di responsabilità. Tutto questo è chiaramente motivo di orgoglio, oltre che fonte di stress (positivo) perché il nostro obiettivo rimane sempre quello di soddisfare cliente e candidato.
Considerato che il lavoro è uno degli ambiti in cui maggiormente investiamo tempo e risorse, risulta fondamentale trovare aspetti in grado di soddisfarci al di là della “semplice” attività professionale. Quali siano questi aspetti è compito, a mio avviso, dovere di ognuno individuarli.
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