Tra poco meno di una settimana sarà Natale e questo periodo dell’anno, con i regali sotto l’albero, le luminarie appese ai balconi e il profumo di biscotti che viene dalla cucina non manca mai, ogni anno, di farmi tornare un po’ indietro nel tempo e di riportarmi a quando, da bambina, aspettavo con ansia l’arrivo di Babbo Natale per poter subito provare il mio nuovo giocattolo. Ah, giocare. Diverse volte ho sentito la frase “Il gioco è il lavoro del bambino“, coniata dalla nota pedagogista e neuropsichiatra infantile Maria Montessori, per indicare che proprio attraverso lo strumento del gioco i bambini acquisiscono  e sviluppano capacità sociali, mentali e fisiche che gli saranno utili nella vita futura. Poi si cresce, il lavoro diventa un altro e molto spesso il gioco rimane un passatempo legato unicamente all’infanzia e non più utile nella vita adulta e, men che meno, nell’ambito lavorativo. Ma ne siamo così sicuri? Il trend di questi ultimi anni nell’ambito della formazione professionale sembra smentire questa teoria. Tantissimi sono gli esempi della cosiddetta Gamification, ossia l’applicazione di veri e propri giochi e videogame al di fuori del contesto ludico e con obiettivi che si riferiscono alla sfera professionale, come il miglioramento della gestione dei clienti, lo sviluppo di competenze trasversali o l’improvement delle performance dei dipendenti. Una delle applicazioni più note in questi ultimi anni è il Lego Serious Play, che attraverso l’utilizzo dei mattoncini colorati è in grado di guidare le persone in un percorso verso una migliore self-efficacy, un approccio più creativo al lavoro o verso la gestione di conflitti nei contesti di lavoro.

Magazzinieri di una nostra azienda cliente impegnati nella costruzione del “magazzino perfetto” durante un Assessment di Gruppo per la selezione del nuovo Coordinatore di Magazzino.

Noi stessi in SCR abbiamo utilizzato diverse volte role-play e giochi nell’ambito di assessment di gruppo e percorsi selettivi, con l’obiettivo di far emergere aspetti distintivi della personalità dei candidati e durante la formazione in aula, per lo sviluppo di determinate competenze o l’emergere di dinamiche di gruppo interne all’azienda.

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Questi sono solo alcuni esempi di come in realtà il gioco mantenga un ruolo importante anche nella vita adulta e questo non riguarda solamente l’effetto di giochi “strutturati” e professionali. Il gioco contribuisce a migliorare la cooperatività, a risollevare l’umore e a vedere le cose da un altro punto di vista, con influenze positive su molte competenze trasversali.

Siamo reduci da un anno che, possiamo ben dirlo, è stato tutto fuorchè un gioco.

In questo periodo, allora, facciamoci influenzare dall’atmosfera natalizia, torniamo un po’ bambini e concediamoci un momento di svago: sarà molto utile per distaccarsi un po’ dalla  routine e ricaricare le energie in vista dell’anno che verrà. Io, da “giocatrice incallita” quale sono, vi assicuro che sarà tempo ben speso.

Il gioco di ruolo: non chiamatelo gioco da ragazzi

È venerdì sera. Il mio weekend inizia in compagnia di un ristretto gruppo di amici armati solo di fogli, dadi, matite e qualche snack, ma che nascondono gelosamente il loro strumento più potente: la fantasia. Non occorre molto tempo perché il salotto di casa lasci posto a foreste sterminate o galassie lontane e i ragazzi raccolti intorno al tavolo non siano più impiegati, operai, studenti, ma diventino maghi, guerrieri e guaritori in cerca di fama e avventure, che combattono per difendere i propri ideali o salvare il mondo dalla distruzione.

Cos’è questa stregoneria, che trasforma quattro ordinari ragazzi nei più forti e tenaci avventurieri di tutti i tempi? È il gioco di ruolo.

I partecipanti si riuniscono intorno ad un tavolo per mettere in campo il loro personaggio, una sorta di alter ego di loro stessi che si muoverà, agirà e vivrà in un mondo che si costruisce nella fantasia di ognuno grazie unicamente alle parole del “Master”, ovvero colui che tesse la trama e coinvolge i giocatori nell’avventura servendosi solo delle sue capacità descrittive. Molto è stato detto sul gioco di ruolo. È stato accusato di incitare alla violenza o a culti sanguinari, alcuni lo ritengono un passatempo infantile e una perdita di tempo, mentre altri pensano che sia un tentativo di fuga dalla realtà, dove ci si estrania in un mondo che non esiste per poter essere ciò che non si riuscirà mai a diventare nel mondo reale. Ma, a guardarli attentamente, i personaggi che si muovono nel mondo di fantasia non sono poi così lontani e differenti da quello che i giocatori sono nella vita di tutti i giorni. Le persone che si siedono al tavolo e muovono con fili invisibili i propri personaggi in un mondo di fantasia sono le stesse persone che il giorno dopo riprendono la loro routine quotidiana; e se è vero che trasportiamo sempre nel gioco una parte di noi stessi, è altrettanto vero che da quelle serate di svago possiamo imparare competenze trasversali utili in molti aspetti della nostra vita, non ultimo quello professionale. In questi anni, il gioco di ruolo mi ha insegnato che per risolvere un problema a volte basta fermarsi e guardare le cose da un altro punto di vista; creatività e pensiero divergente sono fondamentali per trovare soluzioni inaspettate, uscire da una situazione che ci vede in netto svantaggio o che ci sembra senza possibilità di vittoria. Ho imparato che è fondamentale fare gioco di squadra e collaborare ma anche che, per la corretta riuscita di un piano, bisogna sempre essere consapevoli di quale è il proprio ruolo. Ho capito che prima di esprimere giudizi o intraprendere azioni avventate è necessario analizzare attentamente la situazione, perché non sempre tutto è come appare ad una prima occhiata. Ho imparato ad intraprendere un percorso e portarlo fino alla fine, a mettercela tutta per raggiungere i miei obiettivi e che non bisogna mai darsi per vinti perché un ostacolo, che fino a qualche tempo prima sembrava insormontabile, può essere superato con allenamenti, determinazione, tenacia e qualche “livello di esperienza” in più.

Le passioni come occasione di apprendimento continuo

Non si impara solo a scuola o ai corsi di formazione, ma qualsiasi momento della nostra giornata può fornirci spunti per apprendere nuove competenze o allenare le nostre capacità. Mettere un pannello divisorio tra le persone che siamo sul lavoro e nel nostro tempo libero significa precludersi la possibilità di crescere dal punto di vista umano e professionale tramite la contaminazione tra i vari ambiti in cui si svolge la nostra vita; ci impediamo così di apprendere in maniera naturale, senza sentire proprie spalle il peso dell’apprendimento che nasce dallo studio e dalla formazione diretta perché staremmo imparando coltivando una nostra passione.

Non dovrebbe esserci un “prima” e un “dopo” il lavoro nella nostra giornata lavorativa, ma tutto si dovrebbe unire in un unico flusso che racchiude tutte le nostre esperienze e competenze, che andrà poi a concretizzarsi nelle persone che siamo e che saremo in qualsiasi contesto.

In questo modo, l’appassionato di giardinaggio saprà essere paziente ed aspettare il momento giusto per raccogliere i frutti del proprio impegno. Il ciclista, il nuotatore, il maratoneta alleneranno lo spirito competitivo, la determinazione e la propria capacità di resistenza non solo fisica, ma anche mentale, per arrivare a raggiungere l’obiettivo nonostante le difficoltà. Il fotografo sfrutterà le proprie capacità di osservazione per vedere la situazione da un’altra angolazione o notare un dettaglio risolutivo che agli altri era sfuggito. Il giocatore di scacchi imparerà ad analizzare la situazione, anticipare le mosse del suo interlocutore e a mettersi nei panni degli altri per capire il loro diverso punto di vista. Il pallavolista, il calciatore, il giocatore di basket saranno sempre più consapevoli del ruolo fondamentale di ogni membro della squadra per portare a casa la vittoria.

Molti dicono che chi fa coincidere il lavoro con la propria passione non dovrà mai lavorare nemmeno un giorno nella sua vita. Io penso che questa situazione sia un ottimo obiettivo a cui tendere ma che rimarrà sempre prerogativa di alcune, fortunate persone; per tutte le altre che non vedono coincidere il lavoro con la propria passione, il tempo libero diventa uno strumento prezioso non solo per sfogarsi o liberare la mente dallo stress della routine lavorativa, ma anche per imparare e migliorare in molti aspetti della propria vita, non ultimo quello professionale, proprio grazie a quella crescita personale che è avvenuta in un contesto completamente differente.

Non siamo solo i lavoratori e non siamo solo le persone che godono del proprio tempo libero.

Fino a qualche anno fa, l’identità di una persona coincideva con il suo ruolo in una determinata azienda, motivo per cui ci si ritrovava spaesati di fronte ad una repentina perdita del posto fisso. Oggi, il lavoro viene spesso visto come un obbligo che niente ha a che fare con l’identità di una persona, che viene espressa solamente al di fuori del contesto professionale. La verità è che, come nel gioco di ruolo puoi impersonare un mago o un guerriero, un elfo o un nano, uno schiavo o un re, senza perdere la capacità come giocatore ma anzi imparando ad interpretare i vari ruoli, anche nella vita quotidiana bisogna mantenere un collegamento tra le diverse “persone” che siamo ogni giorno per unirle in un’unica identità in continua evoluzione. Per continuare a crescere dal punto di vista personale e professionale, dobbiamo mantenerci aperti e ricettivi nei confronti delle diverse esperienze, senza sacrificare un aspetto della nostra identità a favore di un altro, ma imparando ad amalgamarli insieme in un unico flusso di apprendimento. In definitiva, come afferma Winnicott, noto psicanalista, per crescere l’importante è non smettere mai di giocare.

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